Parliamo di NFT, questi sconosciuti …

Una pillola di tecnologia digitale su un argomento di cui molti parlano senza avere un’idea chiara di cosa siano: gli NFT (Non Fungible Token). E’ molto semplice spiegarli, complicato capire come tecnicamente funzionino, ma di questo non ci occuperemo in questo articolo. Chi avesse voglia di capire il modello ingegneristico che c’è alla base può scrivermi o trovare infinite risorse sulla rete.

Un NFT è un’attestato di proprietà di un token digitale. Un oggetto digitale (di qualsiasi tipo), registrato su una Blockchain (solitamente Ethereum), in modo da renderlo unico, riconoscibile, e sicuro. Ad oggi la blockchain non è mai stata violata da hackers, ed è quindi ritenuta sicura e affidabile. E’ basata su di una architettura decentralizzata (distribuita su molti nodi, senza un gestore unico) che utilizza un protocollo Peer-To-Peer (P2P), come i vecchi Napster e eMule. Le vulnerabilità di una archietettura su blockchain sono nella gestione del “Wallet“, il portafoglio digitale in cui sono conservate le chiavi di accesso, e negli eventuali errori umani nella scrittura di codice per la creazione di “Smart Contract“, ma sono entrambe debolezze esterne, non della blockchain.

Un NFT può anche definire il numero di copie legittime di un token digitale, vendibili separatamente, ma comunque in un numero molto limitato. Ogni copia è naturalmente autentica, così come avviene per le serigrafie, per le opere fisiche, numerate ognuna come copia m di n (2/10 è la seconda copia di 10 create).

Un NFT creato da Mike Winkelmann, in arte “Beeple“, collezionando 5.000 post-it da lui creati giornalmente, è un’opera digitale che è stata battuta all’asta da Christie’s al valore esorbitante di 69 Million $. Molti sono stati infatti gli eccessi speculativi a cui abbiamo assistito, come la vendita di NFT di “Cryptopunks” o di “Cryptokitties“, immagini digitali divenute cult.

Se volete avere un’idea della capitalizzazione raggiunta da questi NFT, il più delle volte creati in intere collezioni, e delle quotazioni in tempo reale, basta andare sul sito seguente:

https://coinmarketcap.com/it/nft/collections/

Sul valore delle immagini digitali si può discutere a lungo, ma sarebbe come discutere del valore di certe croste fisiche, non digitali, anch’esse vendute all’asta e regolarmente acquistate. Del resto, questo è il mercato, l’incontro tra domanda e offerta, nulla di nuovo sotto il sole. La novità degli NFT è la possibilità di attestare in modo univoco la proprietà di un oggetto digitale, come ad esempio una immagine JPG scattata in un Mondo Digitale.

Questo era difficilissimo fino ad ora, e qualcosa ne sanno gli artisti musicali, con la diffusione nel passato di MP3 pirata dei loro pezzi. Con la registrazione di un NFT si certifica l’origine e la proprietà di un token digitale, così come anche la sequenza di transazioni di compra-vendita.

Certo, esiste la possibilità che qualcuno vada su Open Sea, il marketplace degli NFT, e ne faccia una copia abusiva, ma sarebbe appunto una contraffazione, perchè il proprietario rimarrebbe quello che ha registrato l’NFT o che lo ha acquistato regolarmente, con una transazione registrata sulla blockchain. Il fenomeno della contraffazione è molto diffuso con gli oggetti fisici, dalle opere d’arte ai prodotti di marchi famosi, e l’utilizzo della blockchain anche per loro aiuterebbe a combattere questo fenomeno criminale.

Le immagini che ho riportato in questa pagina, ad esempio, sono immagini registrate sulla Blockchain Ethereum, della serie “Bored Ape Yatch Club”, questo qui sopra, ad esempio, è valutato oggi in 16 Ether, un valore pari quasi a 58.000 $ in valuta ufficiale:

https://opensea.io/collection/cryptokitties

E’ una esagerazione? Sicuramente, ma il nostro giudizio tuttavia è irrilevante, perchè esiste un mercato, e c’è gente che commercializza questi prodotti, il che vuol dire che gli acquirenti ci sono. Perchè li comprano? Per fini speculativi, soprattutto, sperando che il prezzo salga e che possano poi rivenderli con un guadagno. Del resto esistono acquisti allo scoperto per grano, petrolio, cereali, e nessuno se li fa recapitare a casa, sono solo movimenti di trading. Ma ci sono anche quelli realmente interessati all’opera in se, una piccola minoranza ritengo, viste le quotazioni a cui siamo arrivati, ed è il mondo del collezionismo.

Esistono poi tutta una serie di aziende che hanno “tokenizzato” i loro asset fisici, creando degli NFT che possono pei essere portati un in negozio fisico per il ritiro del bene acquistato. Sono state soprattutto le aziende del fashion a sperimentare questi token, ma anche del food e naturalmente del Gaming, con un successo notevole, visti i grandi marchi che sono rappresentati: Nike, Gucci, Dolce & Gabbana, Campari, Coca Cola, McDonald’s, ecc.

La normativa che riguarda gli NFT è ancora da completare, in particolare non sono ancora definite univocamente la stessa natura, e la forma giuridica degli NFT, che siano cioè dei prodotti finanziari, delle merci, o dei titoli. C’è ancora una discussione in corso tra gli esperti di diritto digitale, e occorrerà quindi attendere nuovi ulteriori sviluppi, che dettino delle linee guida più chiare per l’utilizzo pienamente operativo di questi asset, e per dare maggiori certezze a questo nuovo mercato.

Ho fatto anch’io, naturalmente, delle registrazioni di NFT su OpenSea, ed ho anche acquistato un paio di Cryptokitties, giusto per testare la catena di creazione-vendita-acquisto. E’ tutto visibile sul Marketplace, con la storia delle transazioni, i venditori e gli acquirenti. Se voleste comprare un mio NFT, con il prezzo che io ho stabilito per la vendita, lo trovereste qui:

https://opensea.io/collection/untitled-collection-3071590203

Naturalmente il mio è stato solo un caso di studio, ed il prezzo che ho fissato è quello che ho pagato per l’acquisto, poche decine di euro, ma tutti gli step sono stati correttamente eseguiti.

La Blockchain è pubblica, sicura e immutabile, essendone il registro delle transazioni (il “Ledger”) distribuito in copia su tutte le migliaia di nodi della catena. E sono i nodi che elaborano le transazioni, certificandole e inserendole sulla Blockchain, ricevendo un compenso in cryptovaluta per il loro lavoro computazionale. Di blockchain ce ne sono tante, e la prima è naturalmente quella dei Bitcoin, mentre Ethereum è la blockchain più itilizzata per gli NFT, perchè è su Ethereum che sono stati implementati gli “Smart Contract” con cui è possibile creare gli NFT. Tutte queste operazioni sono trasparenti per chi utilizza un Marketplace, ma è questa la tecnologia che c’è alla base delle blockchain. La Blockchain è oggi una tecnologia allo studio delle maggiori istituzioni internazionali, di banche, di operatori finanziari e di aziende, e che trova già molte applicazioni, in particolare per le Cryptovalute, Bitcoin in primis, ma anche per i diversi mercati di token digitali.

Un’ultima osservazione che vorrei fare è che un NFT sarebbe anche il modo migliore per “certificare” la proprietà di un Avatar, creando quindi una sorta di “identità digitale” sul modello dello SPID, che possa consentire l’utilizzo di diverse piattaforme virtuali, mantenendo l’univocità dell’Avatar in tutte le piattaforme. Un piccolo tassello di “interoperabilità”, diciamo. Ma questa è un’altra storia … 🦅

NOTA AGGIUNTIVA:

Creare o comprare un NFT, e certificare così il diritto di proprietà di un’opera digitale, non ci mette al riparo da un utilizzo non autorizzato dell’opera. Certo, chi la dovesse copiare non potrebbe attestarne la proprietà sul mercato degli NFT, ma intanto potrebbe farne tutti gli usi non autorizzati che ritenesse. Si tratterebbe di una contraffazione di prodotto, come avviene per gli oggetti fisici, un fenomeno contro cui si lotta da sempre.

E’ bene ricordare che un’opera digitale rientra nella categoria delle “Opere di ingegno” e per un’opera di ingegno e la sua proprietà intellettuale esistono due tipi di diritto: il “diritto morale” che attribuisce all’autore dell’opera il diritto di rivendicare per sempre la paternità dell’opera, anche nel caso di vendita, e il “diritto patrimoniale“, per cui è possibile cedere ad altri il diritto di sfruttamento. Il diritto morale è tutelato, sul mercato degli NFT, con le royalties che vengono riconosciute all’autore ad ogni passaggio di proprietà.

Per tutelarsi anche legalmente dall’uso non autorizzato occorre apporre un Watermark sulla foto e registrarne la proprietà presso gli enti competenti per il Copyright, o presso gli enti specifici per i prodotti d’autore (la SIAE in Italia per i brani musicali, ad esempio). Altra strada è quella di tutelarsi consentendo la diffusione dell’opera sotto una licenza Creative Commons (CC). In ogni caso l’autore va dichiarato sulla foto con il Watermark contenete il nome dell’autore e la data di creazione, inserendo una filigrana visibile sull’immagine, o inserendola steganograficamente con un software, in modo non visibile.

Quindi, in sintesi, la definizione giuridica di un NFT ancora allo stato embrionale, ad oggi, non ci permette di tutelarne legalmente la proprietà, ma occorre seguire le norme giuridiche consuete per la protezione delle opere d’ingegno, qualora lo si ritenesse necessario naturalmente.

Fonti:

Copyright delle immagini: come tutelare le proprie opere sul web (ufficiobrevettimarchi.it)

Come tutelare la proprietà intellettuale? (laleggepertutti.it)

Giù le mani! Ecco i metodi per proteggere le tue foto online (fotocomefare.com)

Immagini reali o “artificiali” ?

Avrete notato che negli ultimi tempi sulla rete girano immagini di ogni genere, generate dai software di intelligenza artificiale (“AI”). Ce ne sono tantissime, dalle più grezze a quelle davvero bellissime, generate su nostra richiesta da questi software. E’ la nuova frontiera delle immagini digitali, e costituisce uno degli utilizzi oggi più diffusi di questi software di nuova generazione, cosiddetti “generativi“, come Chat-GPT, per intenderci.

Solo un cenno, davvero rapido, su come funzionano questi strumenti. Hanno sostanzialmente due componenti principali: un enorme Data Base, con tutto quanto hanno raccolto sulla rete, che serve come “base di conoscenza”, per ricercare testi o immagini analoghe prodotte in precedenza. Questo pone anche una serie di problemi: sulle autorizzazioni, il Copyright, la veridicità delle informazioni raccolte con questa “pesca a strascico”, eccetera. Non a caso si stanno elaborando delle regole, a livello internazionale, ed anche l’Unione Europea ha prodotto un AI-Act, per gestire questa e molte altre criticità poste dall’utilizzo di questi prodotti, come la certificazione delle fonti e la riconoscibilità di quanto prodotto dalle AI.

(Immagine generata dal Copilot Microsoft)

L’altra componente principale è basata sul Machine Learning, la capacità di “imparare”, con una lunga fase di “addestramento”, e di produrre risultati in modo autonomo, generando quindi cose nuove, in modo autonomo dal contributo umano. Ma la “generazione” avviene a partire dalle richieste che noi facciamo loro, dalla precisione e dalla mancanza di ambiguità di queste nostre richieste. Si pone quindi il problema di imparare a definire bene le richieste, a come produrre cioè i cosiddetti “patterns” più adatti. E da qui stanno nascendo nuove professioni e nuove competenze, che dovremo acquisire man mano, per usare al meglio le AI Generative.

(Immagine generata dal Copilot Microsoft)

Detto questo, come introduzione, si pone un problema enorme, quasi storico, che riguarda l’identificazione dell’origine di questi prodotti: testi, immagini, e ora anche filmati. L’AI-Act impone di dichiarare le fonti, ma da qui a vedere applicata questa regola, ce ne passerà di tempo… Anche perchè l’AI-Act, seppure già approvato dal Parlamento Europeo, ancora non è arrivato alla fase attuativa. E poi, pensiamo alla proliferazione a livello internazionale di questo tipo di prodotti: testi, immagini, filmati. Così come si assiste, da sempre, al fenomeno della contraffazione, anche per i beni fisici, figuriamoci poi per questi digitali. Ma la tecnologia ci viene in soccorso: una soluzione efficace sarebbe quella di creare degli NFT sulla Blockchain, anche se l’utilizzo di questi strumenti ancora non è molto diffuso, e trova tanti ostacoli e molti denigratori in giro per il web, a causa delle truffe in Cryptovaluta e delle speculazioni esagerate a cui abbiamo assistito ultimamente. Ne abbiamo parlato già in passato su questo Magazine, quella della Blockchain è una tecnologia ancora giovane ed immatura. E allora, nel frattempo, cosa facciamo? Come si fa a stabilire se l’immagine di sua Santità Francesco in piumino fosse vera, o prodotta da una AI (era falsa naturalmente, prodotta da una AI) ?

(Immagine generata da una AI, dalla rete)

Per pura curiosità, non perchè sia di facile utilizzo, vi voglio indicare il possibile uso della “Steganografia“. Termine oscuro, per il 99% degli individui, me ne rendo conto, ma proviamo a spiegarlo in due parole: la steganografia è la tecnica di nascondere delle informazioni all’interno di oggetti digitali di vario tipo: musica, immagini, ecc. Parliamo delle immagini, per rendere molto semplice la comprensione. Sappiamo tutti che una immagine digitale è composta da tanti “pixels”, microscopici quadratini, ognuno con il proprio livello di RGB: Red (rosso), Green (verde) e Blue. Per ognuno di questi tre colori fondamentali c’è una diversa intensità, indicata con un numero da 1 a 255. Quindi, se diciamo che quel pixel ha un RGB di 000:025:122, stiamo indicando l’intensità di ognuno dei tre colori fondamentali, che, mescolati insieme, danno il colore specifico di quel singolo “pixel”. Tutti i pixel insieme ci danno l’immagine, e quello che varia da una immagine all’altra è la “definizione”, e cioè quanti pixel compongono una immagine. Più pixels ci sono nell’immagine, più l’immagine è ben definita. Una immagine di 1920×1080 pixels, è meno definita di una con 384×2160 pixel, e più diminuisce il numero di pixel componenti l’immagine, più l’immagine si “sgrana”. Perdonate questa digressione tecnica, e torniamo alla Steganografia.

(Immagine generata dal Copilot Microsoft)

In una immagine tipo possiamo avere, ad esempio, 1920×1080 pixels (larghezza x altezza), questo vuol dire 2.073.600 di pixels, ognuno con la sua gradazione di colore, data dal suo RGB: un’enormità di informazioni, ma per fortuna ci pensa il software di gestione immagini a gestirla, e la scheda grafica ad interpretarla. Ora, se di questi milioni di pixels noi ne sfruttassimo alcuni (o anche tanti..!) per nascondere un messaggio, l’immagine non cambierebbe assolutamente per la nostra percezione, perchè molti pixels sono ininfluenti, non levano e non mettono nulla all’immagine nel suo complesso. Se ne sfruttiamo una parte per inserirci dei dati, “nascosti” per contenere un messaggio, ad esempio, per la percezione dell’occhio umano non cambia assolutamente nulla! E quello che abbiamo detto per i pixels delle immagini vale anche per i messaggi sonori, composti da una moltitudine di frequenze diverse, alcune neanche percepibili dall’orecchio umano.

E’ la tecnica utilizzata per mandare messaggi nascosti, spesso usata dalle spie o da soggetti malevoli, o anche per usi legittimi ma riservati, per passare informazioni. Questa è la “Steganografia“, in pillole. E questa tecnica potrebbe anche essere utilizzata per inserire una “firma“, un marchio che ne attesti l’origine e la proprietà. Una tecnica divertente e curiosa, e di non facile utilizzo (tranquilli, ci sono prodotti software che fanno questo, come OpenPuff, ad esempio). Naturalmente, questa tecnica è oggi ampiamente superata, sia dagli NFT sulla Blockchain che dalla Firma Digitale con chiave asimmetrica, chiave privata per firmare, e decodificabile unicamente con la chiave pubblica di un soggetto, in modo da attestarne l’autenticità. E’ la moderna “Crittografia a chiave Asimmetrica” (che differisce da quella a chiave simmetrica, che utilizza la stessa chiave sia per la codifica che per la decodifica).

Ma a volte, le vecchie tecniche dei nonni risultano più divertenti da usare, e la Steganografia è una di quelle. Per quanto mi riguarda, sono un sostenitore degli NFT su Blockchain, una tecnologia davvero geniale, ma nella vita occorre anche divertirsi..!

Un saluto.

(Nota: l’immagine in evidenza è generata dal Copilot Microsoft)

Scendete dal carro del “Metaverso” crypto speculatori!

Nei due anni appena trascorsi l’Hype sul cosidedtto “Metaverso” ha toccato livelli di diffusione molto elevati, anche se poi l’interesse del grande pubblico è in parte diminutito, da quando il rebranding di Facebook in META ha fatto lievitare enormemente l’interesse nei Mondi Virtuali, che comunque, è bene precisarlo, vivono e si sviluppano ormai da qualche decennio.

Certo, gli sviluppi tecnologici, e il progressivo aumento della capacità di banda nelle connessioni di rete, hanno di molto agevolato questi ultimi sviluppi, così come la concomitante esplosione di interesse nelle tematiche di Intelligenza Artificiale e di Blockchain hanno aggiunto interesse all’Hype. Ed è proprio la presenza queste novità concomitanti, che hanno invaso il campo dei Mondi Virtuali, che ha creato una grande confusione intorno allo sviluppo dei Mondi Virtuali e alle tecnologie che essi utilizzano.

da: cryptonomist.ch

Il problema più grosso è rappresentato dall’invazione, del campo del “Metaverso“, di molta parte dei propugnatori della “rivoluzione” delle Cryptovalute. Molti in perfetta buona fede, intendiamoci, ma sono anche arrivati schiere di speculatori, ansiosi di riciclarsi nel nuovo mercato emergente dopo i disastri e le esplosioni delle varie bolle speculative dei Bitcoin e degli NFT. Queste speculazioni avevano toccato vette inarrivabili di valutazioni degli asset digitali, con quotazioni astronomiche sui vari cryptomercati, per poi crollare miseramente, lasciando sul lastrico molti creduloni, che avevano impegnato i propri risparmi in queste follie crypto finanziarie, come le ICO, le DAO e le miriadi di cryptovalute seguite ai bitcoin. Ingenui inseguitori di sogni di arricchimento facile, come novelli seguaci di Gatto & Volpe di Collodiana memoria, che promettevano la crescita dei dobloni sugli alberi, cosa naturalmente non verificatosi. Da qui il riflusso e la cattiva reputazione che ancora persiste su quei mercati.

Questa invasione di campo ha dato fiato a quanti hanno preso a denigrare l’insorgente espansione dell’utilizzo dei Mondi Virtuali, spacciandoli per ambienti dove potrebbe regnare la speculazione ed il raggiro dei gonzi. Niente di più falso … Ma, al di là dell’indignazione che questa propaganda fuorviante desta, vediamo di contribuire a smontarne i contenuti, cercardo di aggiungere qualche elemento di chiarezza sui temi che ci interessano, ormai da 15 anni. Fissiamo alcuni punti che sono fondamentali, a mio parere:

(1) Perchè la tecnologia della Blockchain è importante per l’economia dei Mondi Virtuali?

Qui parliamo di BLOCKCHAIN, non di cryptovalute, o di Bitcoin, o altri asset fungibili di questo genere. Parliamo di tecnologia. La Blockchain è nata come applicazione alla cryptovaluta dei bitcoin nel 2008, ad opera del fantomatico Satoshi Nakamoto, ed è stata una invenzione straordinaria, con la sua caratteristica di sistema Decentralizzato, Affidabile e Immutabile. E’ una architettura ideale per registrare le transazioni economiche che si sviluppano nei Mondi Virtuali, non dipende da nessuno, perchè si basa su di una architettura peer-to-peer, ed è sicura perchè protetta da crittografia e registrata su di un Ledger condiviso dai nodi.

La blockchain può quindi essere l’elemento unificante dell’economia virtuale, che si sviluppa sulle molteplici piattaforme di cui il cosiddetto “Metaverso” è composto. Io credo che sia fondamentale avere un meccanismo terzo, collettivo ed indipendente, per gestire l’economia virtuale in crescita, poichè il sogno di un “Metaverso” unico, fondato sull’interoperabilità, molto probabilmente non si realizzerà mai, e quindi la convivenza di piattaforme diverse sarà il modello anche per il futuro, ognuna con le proprie caratteristiche, con le sue modalità di sviluppo, e con regole di gestione proprietarie. E’ auspicabile però, e credo che nel giro di qualche anno ne vedremo la realizzazione, la definizione di una “Identità Digitale” unica, che sia utilizzabile per i diversi Mondi Virtuali, e non solo per questi. Ma l’interoperabilità effettiva, con la portabilità di asset e inventari, a mio parere, non ci sarà mai, per motivi che non è il caso di approfondire ora.

da: Coinpedia.org

2) Perchè il concetto di NFT è fondamentale per la crescita dell’economia digitale nei Mondi Virtuali?

Perchè per gli asset digitali abbiamo il problema della protezione della proprietà intellettuale, a salvaguardia di quanti investono e creano degli asset negli ambienti digitali. Molti sono stati i sistemi creati nel tempo dall’industria per salvaguardare i propri interessi, i brevetti, il copyright, ma nessuno di questi risolve il problema in modo compiuto, per quanto attiene agli asset virtuali, dando la garanzia della proprietà e della originalità degli asset “non fungibili”.

L’evoluzione che c’è stata con la creazione della blockchain Ethereum, ad opera di Vitaly Buterin nel 2013, e la introduzione degli “Smart Contract“, ha consentito la nascita del concetto degli NFT, e di un mercato corrispondente, che può essere il terreno ideale per sviluppare la creatività e gli investimenti nei Mondi Virtuali. Naturalmente ogni innovazione trova anche orde di speculatori, pronti a tuffarsi a capofitto sulla novità, ma questo è un elemento da gestire con l’aumento della consapevolezza negli utenti, e con l’informazione obiettiva, non certo con la demonizzazione, come certi “guru” della rete fanno ormai da tempo. Perchè un martello è un martello, e serve a costruire un tavolo, anche se qualcuno lo usa per darlo in testa a qualcun’altro. Insomma, fuori i ladri e gli speculatori da questo mercato, e impariamo a non abboccare alle miriadi di trappole di truffatori, sia nel mondo fisico che nel mondo digitale!

da: cryptonomist.ch

3) Le Cryptovalute come i Bitcoin, sono indispensabili all’economia del “Metaverso”?

Assolutamente NO! Per gli scambi economici nei Mondi Virtuali sono state create nel tempo decine di valute virtuali, dai Linden Dollar di Second Life, ai Robux di Roblox, ai Minecoin di Minecraft e così via, ma sono tutte valute di transito, che vengono utilizzate sulla singola piattaforma negli scambi commerciali, per poi essere scambiate in valuta flat sulle utilizzando affidabili piattaforme di exchange, collaudate da tempo. Miliardi di dollari di revenue vengono prodotti ogni anno in questo modo, ed emergono sul mercato finanziario mondiale nell’economia reale. Sono delle valute di scambio, come i gettoni del villaggio vacanze. Certo, possiamo anche utilizzare i nostri wallet in Ether o in Bitcoin, ma possiamo anche utilizzare le varie carte di credito, come Visa o Master Card, o anche un conto PayPal. Per i Mondi Virtuali le cryptovalute SONO UNO STRUMENTO, non un fine speculativo. Basta con la diffusione di notizie fuorvianti! Anche qui è questione di corretta informazione, e non di diffusione di sfiducia, e di creazione inutile allarme nell’utilizzo di questi nuovi strumenti.

Separiamo il concetto di Cryptovaluta da quello di “Metaverso”.

Per me questi sono alcuni punti fermi, e quelli che hanno interesse per l’evoluzione dei Mondi Virtuali, che siano tecnici, aziende, giuristi, o centri di interesse culturale di vario genere, dovrebbero esprimersi chiaramente su queste questioni, evitando che si alimenti ulteriormente la confusione.

Le questioni da affrontare per favorire la crescita dell’economia dei Mondi Virtuali sono diverse, da quelle normative e legislative a quelle tecnologiche e di standardizzazione, ma questi che ho cercato di evidenziare sono dei freni che non possiamo permetterci di subire, è fondamentale che questo mercato si sviluppi in modo sano, trasparente e attrattivo per tutti gli operatori e gli investitori. In modo coerente, rispettoso delle normative e delle leggi, e favorendo le opportunità imprenditoriali

Un saluto, alla prossima puntata …

Attenzione alle password

La maggior parte delle frodi informatiche sono causate da noi stessi. Siamo noi che il più delle volte forniamo agli attaccanti le nostre credenziali di accesso a dati riservati, personali, economici, finanziari.

Lo facciamo in due modi:

1) Abbocchiamo a delle mail di phishing che ci chiedono di cliccare un link che ci porta ad un sito farlocco, identico a quello di un fornitore di servizi esu cui ci chiedono di autenticarci per modificare pw, o inserire dati, ecc. Nel momento in cui accediamo forniamo all’attaccante le nostre credenziali. Oppure, il link cliccato ci installa un software malevolo che può essere usato per vari scopi: spiarci, usarci come bot per attacchi DDOS, ecc.

2) Utilizziamo una password debole, senza altre protezioni. Una password di 8 caratteri si identifica molto facilmente con un attacco “brute force“, un software cioè che prova tutte le possibili combinazioni di caratteri finchè non trova quella giusta. Per contrastare questo tipo di attacco i siti più sicuri consentono un numero massimo di tentativi di accesso, e poi bloccano l’account. Naturalmente, più aumenta la lunghezza e la complessità della password, più è difficile trovarla con un attacco brute force, perchè il numero delle possibili permutazioni di caratteri aumenta a dismisura ed il tempo di risoluzione potrebbe richiedere anni. Ma questa contromisura, di per se efficace, col tempo, e con l’aumento di potenza elaborativa impiegata, può essere superata. Occorre quindi avere un ulteriore fattore di autenticazione (Multi Factor Authentication): un codice aggiuntivo, da usare una volta sola, inviato via sms o mail, oppure avere un altro fattore di tipo biometrico, tipo il riconoscimento del viso, dell’impronta digitale, il riconoscimento dell’iride, o altro. ATTIVATE SEMPRE il doppio fattore di autenticazione, è una seccatura ma vi salva.

Un ulteriore criterio, per contrastare i software intelligenti che provano le pw, è quello adottato di risolvere indovinelli o test intelligenti. E’ un’altra misura di sicurezza molto comune. Ma come potete immaginare è una guerra a guardie e ladri: più i sistemi diventano “sicuri”, più gli attaccanti si inventano nuovi modi per violarli. Con l’intelligenza artificiale poi questo scenario si evolverà esponenzialmente. Quindi impariamo a difenderci seguendo i consigli degli esperti. Se non lo facciamo, i responsabili delle violazioni siamo noi.

Courtesy of: miralis.it

I Mondi Virtuali attuali

Quando parliamo di Mondi Virtuali ci riferiamo a quelle piattaforme di Realtà Virtuale che consentono l’accesso, tramite un proprio Avatar, a dei mondi persistenti, che sono creati su piattaforme online con l’ausilio di software di simulazione 3D, in modo da creare degli ambienti vivibili e utilizzabili per molti generi di attività, da quelle di gaming, a quelle ludiche, a quelle commerciali.

Di piattaforme di VR ce ne sono oggi più di 150, ognuna indipendente dall’altra, con un proprio ente gestore, e con i propri utenti. Non esiste interoperabilità tra le diverse piattaforme, e quindi non si può parlare di Metaverso. Questo termine è oggi soggetto a varie interpretazioni, ma se vogliamo essere fedeli a quella originaria di Stephenson in Snow Crash, si tratterebbe di un ambiente unico, in cui un soggetto digitale conserva le proprie caratteristiche, indipendentemente dalla regione in cui si trova.

Si potrebbe, in questo caso, parlare di figura giuridica dell’Avatar, unica e riconoscibile, anonima o meno, ma avente una propria “identità” digitale.

L’attuale panorama delle piattaforme di Virtual Reality.

L’anonimizzazione, o la pseudonimizzazione, sarebbe una scelta dell’utente, in base alle attività che svolge, e alle condizioni in cui si trova a vivere nella vita reale. Pensiamo ai giornalisti di inchiesta, ai dissidenti in paesi non completamente democratici, ecc. Nel caso l’utente svolga nel Mondo Virtuale attività di tipo commerciale, esportabili all’esterno della piattaforma, è evidente che debba essere identificato e poter usufruire del diritto di proprietà degli asset virtuali sviluppati in-world, e debba tutelarli, anche con procedure di copyright, conservandone il possesso o favorendone il passaggio di proprietà con la commercializzazione.

Negli ultimi anni molte di queste esigenze sono state risolte utilizzando la tecknologia Blockchain, che identifica, con un “indirizzo” univoco, l’operatore, il quale possiede delle chiavi crittografiche per effettuare le transazioni sulla blockchain, custodite in un “Wallet“, una specie di portafoglio elettronico.

Anche di blockchain ne esistono tante, a partire da quella originaria dei Bitcoin, nata da una geniale proposta tecnica del 2008 di un tale Satoshi Nakamoto, mai identificato. Ma l’utilizzo della blockchain per la gestione delle Cryptovalute non è quello che ci interessa in questa sede, ci interessa invece il salto tecnologico che, sfruttando la tecnologia Blockchain, ha consentito di sviluppare un mercato di asset, digitali o meno, di ogni genere mediante l’utilizzo di “Smart Contract“. La prima blockchain che ha fatto questo passo, ad opera di Vitalik Buterin, è stata, nel 2016, la blockchain Ethereum (https://ethereum.org/it/) ed altre ne sono seguite.

Le transazioni registrate su una Blockchain sono protette crittograficamente, non esiste una entità centralizzata che le gestisce (gestione “decentralizzata”), e sono immodificabili, dando ampie garanzie di integrità, disponibilità, e riservatezza.

La Blockchain serve quindi anche per la gestione degli “Smart Contract“, una tecnologia che viene utilizzata per certificare la proprietà e la commercializzazione di manufatti e opere digitali (o anche reali) utilizzando la tecnica degli NFT, “Non Fungible Token“.

Esistono poi piattaforme di commercializzazione di questi NFT, come la famosissima https://opensea.io/, che hanno consentito la nascita di un mercato notevole, di opere artistiche sviluppate in-world di ogni genere.

Un ambiente virtuale in Spatial.

Non tutte le piattaforme di gestione di Mondi Virtuali consentono una integrazione diretta con le blockchain e i mercati NFT. Ad esempio, Second Life non lo prevede, ma le piattaforme cosiddette “aperte”, come Decentraland (https://decentraland.org/), The Sandbox (https://www.sandbox.game/en/) o Spatial (https://www.spatial.io/), le includono, come componente essenziale per il loro sviluppo.

Molti avranno letto della corsa all’acquisto di terreni virtuali su Decentraland, o del fiorire di un mercato di opere d’arte in Spatial, la piattaforma preferita dagli artisti virtuali, e molte potranno essere in futuro le evoluzioni a cui assisteremo.

Un’ultima considerazione vorrei farla sulle modalità di accesso ad un Mondo Virtuale, dal classico PC con tastiera e mouse, ai visori di VR, come “Meta Quest” (https://www.meta.com/it/quest/quest-3/), o ai dispositivi mobile utilizzabili anche se siamo in giro e vogliamo accedere alle piattaforme in mobilità. Quello che vorrei dire è che non esiste una modalità “standard” di accesso ai Mondi Virtuali, perchè le esigenze, e le preferenze, sono diverse per i diversi utenti, e non tutti vogliono utilizzare un Visore VR.

Le varie tecnologie si affiancheranno, e saranno tutte utilizzabili, a seconda dello scopo e dei desideri dell’utente.

Una famosissima opera digitale di Beeple venduta per 69,3 Milioni di Dollari come NFT.

C’è poi tutto il mondo della Realtà Aumentata e della Realtà Mista, e sono tecnologie che ci consentono di aumentare le informazioni disponibili nell’ambiente reale, costituiscono un ponte tra la Realtà e la Virtualità. Uscirà prossimamente il Vision-Pro di Apple, e sarà un momento straordinario di cambiamento di paradigma, per l’accesso alle informazioni e ai prodotti digitali (https://www.youtube.com/watch?v=TX9qSaGXFyg).

Apple non ha annunciato ancora il suo ingresso nei Mondi Virtuali, ma il Vision-Pro ha già tutti i brevetti e le tecnologie necessarie a questo prossimo passo. Da notare che nel keynote al WWDC23, lo scorso 5 di giugno, non è stata mai usata la parola “Metaverso”, in contrapposizione ideologica con lo sbandieramento fatto da Facebook (ora “Meta“) nell’ottobre 2011: (https://www.facebook.com/facebookrealitylabs/videos/561535698440683/)

E’, in conclusione, un mondo digitale in grande evoluzione, e se aggiungiamo le potenzialità infinite dell’Intelligenza Artificiale, capiamo a quale trasformazione epocale stiamo assistendo. Un saluto.

Il LAG, questo sconosciuto

Sappiamo tutti che il problema maggiore che ci troviamo ad affrontare quando entriamo in un Mondo Virtuale è il cosiddetto “Lag“, il tempo cioè che impiega la macchina a ricreare l’ambiente tridimensionale sullo schermo del computer.

Mi sono fatto l’idea che è un problema minimizzabile fino ad un certo punto, almeno per quanto riguarda Second Life. Ho sperimentato nel tempo diversi Hardware e sono ora al top delle possibilità di elaborazione e sono arrivato a delle conclusioni. Non ho esperienza diretta di programmazione in ambienti di simulazione 3D, ma conosco come lavorano le CPU e le schede grafiche, e conosco Second Life, quindi mi sono fatto un’idea, che condivido. Naturalmente i pareri degli ingegneri che sono esperti di ambienti di simulazione sono molto ben accetti, per colmare le mie lacune di programmazione.

Attualmente sto utilizzando quella che probabilmente è la migliore scheda grafica sul mercato, la NVIDIA GeForce RTX 4090, e non ho problemi di processore e RAM, sempre al top. Il lag persiste, anche se il tempo di elaborazione è notevolmente basso, ma vedo ancora le “nuvole rosse” per diversi secondi.

Credo che renderizzare tante figure di oggetti ed avatar, in uno spazio spesso ristretto, crei fisiologicamente un problema di lag, non c’è modo di superarlo. Si può attenuarlo, con un Hardware potenziato, ma non si eliminerà mai.

Credo poi che esista un problema grosso per quanto riguarda il software di Second Life, e parlo del software Server. Sebbene sia in gran parte scritto in C++, un linguaggio Object Oriented molto performante, risente dell’anzianità e della crescita fatta negli anni, con rattoppi ed estenzioni eseguiti utilizzando anche moduli scritti in altri linguaggi.

So per esperienza che riscrivere questo software con criteri ingegneristici di progettazione modulare, e di integrazione, richiederebbe uno sforzo enorme, considerando anche il tempo che ci stanno mettendo per sviluppare la versione mobile. Intendiamoci, non si tratta di carenza di capacità tecniche, ma di oggettiva difficoltà, e necessità di uno sforzo economico notevole, che al momento non mi pare affatto in programma. Sarebbe certamente molto utile riprogettarlo da capo, anche per adeguarlo alle misure di Cybersecurity più avanzate, oltre che per le performance, ma al momento non se ne parla.

Questo è quanto ho dedotto dall’analisi di questo sistema, chiunque si ritenga libero di aggiungere ulteriori informazioni, o elementi tecnici mancanti. Un saluto a tutti.

Realtà Virtuale (VR) e Realtà Aumentata (AR)

Nella serata di ieri, 5 giugno 2023, la Apple ha finalmente presentato il suo visore per la realtà aumentata, “Vision Pro” (https://www.youtube.com/watch?v=TX9qSaGXFyg&t=33s). Un prodotto eccezionale, che cambierà il modo in cui è possibile accedere alla propria vita onlife, dando la possibilità di utilizzare le applicazioni che già usiamo, sia su smartphone, che su Mac o su iPad, e allargando ad una ulteriore dimensione l’ecosistema della Apple. Non a caso, la presentazione è stata fatta all’annuale WorldWide Developers Conference (WWDC 2023), l’evento chiave in cui sempre, in passato, sono stati presentati i rivoluzionari prodotti della “Mela Morsicata”. Il prodotto promette meraviglie già da adesso, e aprirà probabilmente la strada ad un uso più vasto della Realtà Aumentata, qualcosa che Google aveva solo fatto intravedere con i fantomatici Google Glasses, molto rapidamente tramontati per inadeguatezza tecnologica e mancanza di una visione per il futuro. Il Vision-Pro di Apple monterà il più potente processore della Apple, l’M2, ormai installato su tutte le piattaforme della Apple, sostituendo completamente i vecchi processori Intel, e un coprocessore R1, per l’elaborazione sensoriale.

E’ facile fare i raffronti tra la fantomatica presentazione di Zuckerberg dell’ottobre 2021 e il keynote della Apple di ieri sera. Mentre quella di Meta era una fantasmagorica presentazione di cose che non esistevano ancora, come ologrammi, applicazioni di VR in fase sperimentale, Avatar senza gambe, ecc., quella di Apple è stata la presentazione di un lavoro iniziato due anni fa, raccogliendo centinaia di brevetti, e lavorando in silezio e riservatezza nei laboratori, concretizzatosi infine in un prodotto di mercato disponibile dal prossimo anno. Unico neo, ovviamente come sempre, il prezzo.

La cosa più rilevante, ai fini delle chiacchiere sul “Metaverso” degli ultimi due anni, è il fatto che mai una volta questo termine è stato pronunciato ieri, e questo perchè il “Metaverso” non esiste, se non nelle fantasie di uno scrittore di fantascienza di 30 anni fa. Esistono naturalmente molte piattaforme di gestione di Mondi Virtuali, che finalmente si stanno evolvendo, avendo a disposizione la tecnologia, le competenze e la rete a banda ultralarga. Ma ieri si è parlato di altro, si è parlato di Realtà Aumentata, e non di Realtà Virtuale. Resta quindi importante anche l’annuncio di Meta della prossima uscita del Meta Quest 3, a prezzi decisamente più contenuti (https://www.youtube.com/watch?v=5AKl_cEB26c), ma che fa un altro mestiere, rispetto al Vision-Pro di Apple.

E’ facile prevedere che Apple in futuro vorrà estendere ulteriormente le funzionalità del suo visore, verso la Realtà Virtuale, e le componenti che sta predisponendo, anche in termini di software, lo lasciano presagire, ma intanto ha dato un taglio netto alla commistione propagandata negli ultimi mesi tra tecnologie e applicazioni diverse, che al momento non si integrano, con buona pace dei Metaversologi che ancora hanno in testa la fuffa mediatica di Meta. Tra l’altro, il progetto di Meta sembra passarsela abbastanza male, visti i tagli e i disinvestimenti che si stanno effettuando. Non è da una singola azienda che verrà l’interoperabilità tra i Mondi Virtuali, e questo sarà un bene, ma probabilmente le soluzioni verranno da piccole aziende, che stanno sperimentando progetti e protocolli.

Quando nacque internet fu per iniziativa del DARPA, l’agenzia di ricerca della Difesa americana, ad inizio anni ’60 del secolo scorso. Da lì in poi, man mano, il puzzle iniziò a comporsi, dando vita alla rete di proporzioni mondiali che conosciamo oggi, con protocolli utilizzati da tutti, e con i vari pezzi che si incastrano, formando quello che noi oggi conosciamo come “Rete”.

Succederà probabilmente così anche per i Mondi Virtuali, con varie piattaforme che inizieranno a cooperare tra loro, fino ad arrivare a formare qualcosa che assomiglierà, finalmente, al Metaverso (senza virgolette) ipotizzato da Stephenson nel 1992. Sarà un Metaverso decentralizzato, interoperabile, democratico, e non soggetto al controllo di nessuno.

E in tutto questo la tecnologia della Blockchain , libera dall’immagine di speculazione dovuta a spericolate operazioni di cryptovalute, fornirà le basi solide per una finanza decentralizzata (DeFi) e per la protezione e lo scambio di prodotti originali, nati dalle mille e mille idee che circoleranno nel Metaverso, e protette da Smart Contract che ne attesteranno la proprietà. E’ un futuro che comincia a delinearsi, a prova di monopoli e di speculatori, e che migliorerà le vite di tutti noi. Un saluto.

Intelligenza Artificiale

Il mondo dei media digitali è fantastico, insegue le ondate di popolarità sugli argomenti del giorno, e c’è persino chi intorno a ogni parola d’ordine del momento propone corsi di formazione, stage, workshop, e via dicendo. Un mondo fatto di fuffa, e di gente che cerca di sbarcare il lunario vendendo qualche decina di prodotti. Lo hanno fatto fino a ieri l’altro col “Metaverso”, e ora si sono precipitati sull’Intelligenza Artificiale. Ormai la fuffa si riconosce a un miglio di distanza, quindi liberiamocene e andiamo avanti.

Parliamo invece di cose serie. Perchè sono molti gli esperti veri che intorno a questo argomento si stanno facendo domande serissime sulle potenzialità ed i rischi di questa tecnologia. Parliamoci chiaro, lo spartiacque è stata l’istruttoria aperta dal nostro Garante per la Privacy, che ha riguardato Chap-GPT. A beneficio di quei tre che non sanno cosa sia Chat-GPT riporto la definizione che la stessa applicazione di AI dà di se stessa:

“Chat GPT è un modello di linguaggio naturale di grandi dimensioni sviluppato da OpenAI, basato sull’architettura GPT (Generative Pre-trained Transformer). Chat GPT è stato addestrato su vasti corpus di testo in modo da apprendere i modelli linguistici e di contesto del linguaggio naturale. Questo gli consente di generare testo coerente e plausibile in risposta a domande, richieste e conversazioni, come se fosse una persona reale che comunica attraverso un sistema di chat. Chat GPT può essere utilizzato per fornire assistenza all’utente, per generare testo creativo, per l’elaborazione del linguaggio naturale, e in molte altre applicazioni che richiedono una comprensione avanzata del linguaggio umano.”

Fonte: https://www.laregione.ch

E’ una applicazione molto avanzata di AI che, dallo studio di linguaggi e di testi, appresi da un’enorme ricerca di dati fatta in rete fino al 2021, è in grado, utilizzando algoritmi avanzati di Machine Learning, di riprodurre in maniera molto plausibile delle risposte a ogni tipo di domande fatte da chi voglia utilizzarla. Se la si usa in maniera acritica fa prendere delle grandi cantonate, perchè le risposte sono spesso errate dal punto di vista sostanziale, pur avendo una perfetta sintassi, che le rende molto “verosimili”. Commette una serie di strafalcioni facilmente riconoscibili da quelli che conoscono gli argomenti, ma possono passare per verità se a fare le domande sono dei ragazzini o delle persone poco esperte. Se qualcuno gli risponde che si è sbagliata, si scusa immediatamente, cambiando la risposta (costruendone un’altra).

Il nostro garante per la privacy si è mosso, primo al mondo, facendo una serie di contestazioni all’azienda Open-AI che ha progettato il software. Domande che riguardano l’uso di dati personali, che vengono usati anche come apprendimento dall’AI, riguardano la necessità di fornire agli utenti la possibilità di fare una richiesta di correzione per dati errati, e anche l’obbligo di verificare l’età degli utenti che pongono domande. Il Garante ha fatto il suo mestiere, nè più nè meno, in una logica ineccepibile di salvaguardia dei dati personali degli utenti, sanciti dal GDPR, la normativa europea in vigore dal 25 maggio 2018, la più avanzata al mondo su questo tema che molti paesi ci stanno copiando.

Fonte: https://lateralcode.it

C’è da dire che l’Azienda è stata molto collaborativa, adottando nel giro di pochissimi giorni una serie di modifiche alla presentazione del prodotto, in modo da rispondere ai rilievi del Garante. Altro resta da fare, ma il clima di dialogo che si è instaurato rende molto ottimisti sull’esito di questo confronto, che va a beneficio di tutti. Intanto, una task force è partita anche a livello di Unione Europea su questo tema.

La cosa incredibile è un’altra. Molti “esperti” o presunti tali, supertifosi della tecnologia a ogni costo, hanno pesantemente criticato il provvedimento del Garante, come una iniziativa che rallenterebbe il “progresso”. Questa gente probabilmente è la stessa che su Facebook posta le foto dei figli o i dati personali, dimostrando di non capire, nel modo più assoluto, il valore dei dati personali ed i rischi che si corrono nel diffonderli, a uso e consumo di chiunque, anche di malintenzionati. C’è chi è arrivato a definire l’intervento del Garante “una pagliacciata”.

Questa gente purtroppo non è attenta a quello che è successo in questi ultimi anni, in relazione all’uso illegittimo dei dati personali di decine di milioni di persone. Basta informarsi, per capire il danno che è stato provocato consentendo una profilazione di massa senza precedenti, fino ad influenzare scelte democratiche, come le elezioni americane o la Brexit (e anche le elezioni in Europa). Lasciamo lavorare il Garante, e le stesse aziende di buona volontà, che miglioreranno sempre di più queste applicazioni, per tutelare chi le utilizza.

Le questioni che invece io vedo del tutto aperte sono quelle che riguardano il futuro. Il tema dei dati personali non è certo l’unica questione da tenere sotto controllo, perchè un utilizzo massivo delle AI potrebbe creare dei problemi enormi, non solo per l’uso dei dati, ma anche per le decisioni che riguardano le persone, gli impianti industriali, l’industria dei trasporti e, non ultima, quella bellica. Le AI sono ormai diffuse dappertutto, ed è urgentissimo arrivare a delle regole che pongano dei limiti al loro utilizzo, consentendo all’umanità di averne sempre il controllo. Perchè non ci vuole poi molto a passare dalla risposta a domande banali ad azioni compiute direttamente sui sistemi informatici, a volte senza l’intervento umano. E teniamo conto che siamo ancora all’ABC delle applicazioni di AI, perchè gli algoritmi miglioreranno se stessi, e la mole di informazioni, e le tecniche per trattarle, stanno aumentando esponenzialmente. Ad oggi si è in grave ritardo per arrivare ad un AI-Act a livello Europeo, ancora siamo fermi ad una “proposta di regolamento” in fase di discussione, e su cui ancora non si trova l’accordo tra i vari paesei dell’UE.

Lasciando da parte la fuffa mediatica, ed anche i tifosi della tecnologia ad ogni costo, dobbiamo concentrarci quindi sui rischi, e sulla necessità di imparare ad utilizzare nel modo migliore questa nuova e pervasiva tecnologia, perchè siamo in una fase storica in cui un salto quantistico di civiltà è in corso. Dobbiamo gestire questi problemi di fondo, e dobbiamo anche pensare a come minimizzare i danni che deriveranno dalla perdita di milioni di posti di lavoro, per tutte le attività che le AI saranno in grado di svolgere meglio di noi. Occorrerà pensare ad ammortizzatori sociali, ad una formazione su tematiche più avanzate, e a formare tutti gli specialisti di cui abbiamo bisogno, perchè quelli che formiamo, in università italiane anche di eccellenza, scappano all’estero per gli stipendi da fame ed i contratti precari che gli vengono offerti. E’ una rivoluzione da gestire, e dovevamo partire dieci anni fa. Un saluto.

Torniamo a parlare dei Mondi Virtuali

Come previsto, la bolla di sapone del cosiddetto “Metaverso” si sta sgonfiando, per due motivi soprattutto: da un lato, i cantastorie hanno trovato una nuova mucca da mungere, e ora la loro parola d’ordine è “Intelligenza Artificiale”, dall’altro la crisi di Meta, che è alle prese con un drastico ridimensionamento di personale, con un consistente numero di licenziamenti fatti e altri ancora da fare, ha dato un segnale inequivocabile sulla campagna mediatica che era seguita a partire dall’ormai mitologica presentazione dell’ottobre 2021 di Mark Zuckerberg.

La cattiva notizia è che, purtroppo, questo declino dell’Hype non è dovuto alla comprensione vera del modello di business da parte delle aziende, e ad una scelta di selezionare il meglio che oggi abbiamo sul mercato, spazzando il campo dalle chiacchiere e dalle esagerazioni, ma è dovuta alla paura di investire, e alle incertezze normative ancora esistenti. Per fortuna, alcune aziende lungimiranti hanno mantenuto un focus specifico sul tema, e spero che non seguiranno la corrente dei delusi ma manterranno i loro piani di sviluppo.

Nel Mondo Virtuale di SPATIAL

Detto questo, dobbiamo far notare che al di là delle buone intenzioni dei più avveduti, restano da risolvere alcuni problemi normativi, su aspetti che oggi riguardano le attività che si svolgono sulle piattaforme dei Mondi Virtuali.

Il primo problema è quello della Privacy. Già abbiamo questo problema con le attuali piattaforme di Social Networking, perchè oggi esiste un contrasto tra la normativa europea del GDPR (Regolamento sulla protezione dei dati personali 2016/679) , e la legislazione degli Stati Uniti che prevede la possibilità da parte delle autorità, di accedere a qualsiasi banca dati, se vi sono questioni di sicurezza nazionale che lo richiedano (Foreign Intelligence Surveillance Act par. 702).Il problema si aggraverebbe ulteriormante nella gestione dei dati utilizzati dalle piattaforme di Realtà Virtuale, che vede la mole dei dati aumentare considerevolmente, in base ad attività imprenditoriali e agli scambi economici. Non a caso l’Unione Europea sta già lavorando ad una revisione e integrazione del GDPR.

Il secondo problema è quello di una migliore regolamentazione della Blockchain e degli NFT. E qui non parlo di criptovalute, ma della tecnologia della blockchain, che è alla base della gestione sicura delle transazioni nell’ecosistema dei Mondi virtuali, e parlo anche degli NFT, che sono la tecnologia necessaria per proteggere la proprietà intellettuale degli asset sviluppati all’interno delle piattaforme.

Questi due aspetti si stanno già affrontando e ci saranno a breve delle revisioni nella giurisdizione attuale, quindi questo non deve spaventare le aziende, ma spingerle, piuttosto, a continuare a sperimentare e a proporre soluzioni all’interno dei Mondi Virtuali.

Personaggi in un Mondo Virtuale

Ancora per un bel pò chi decide di investire nei Mondi Virtuali (non parlatemi di “Metaverso” che sono allergico) deve scegliere una delle piattaforme esistenti (e sono tante) piuttosto che svilupparne una proprietaria, con tutto quanto ne conseguirebbe in termini di investimenti. Perchè oggi quello che esiste è una moltitudine di Mondi Virtuali, alcuni “chiusi” come Second Life, altri “aperti” che già prevedono l’uso di Blockchain (Ethereum) e degli NFT, come Decentraland e The Sandbox. Il mitico “Metaverso” esisterà quando tutti qusti ecosistemi potranno comunicare tra loro, richiedendo un’unica identità per l’Avatar, con il suo diritto alla proprietà intellettuale degli asset posseduti, anche mantenendo, se l’utente lo desidera, la sua presenza in anonimato.

Del resto “Metaverso” è il contraltare di “Universo”, ed entrambi non possono che rappresentare entità uniche. Quando il “Metaverse Standards Forum” stabilirà gli standard comuni, e le piattaforme potranno comunicare tra loro consentendo di loggare con un unico account, allora potremo avere una rete di “Virtual Service Providers” interconnessi, sul modello della rete internet su cui i Mondi Virtuali vanno a collocarsi.

Quanto ci vorrà? Credo che l’orizzonte temporale su cui basarsi debba traguardare ai tre-cinque anni. Ma, nel frattempo, sarebbe davvero da sprovveduti fermare lo sviluppo e la sperimentazione dei contenuti, e sedersi sulla riva del fiume. Perchè il futuro è già qui, e già abbiamo la tecnologia necessaria a gestirlo.

Un saluto.

Il “Metaverso” non esiste

Il “Metaverso” non esiste, se non nelle fantasie letterarie degli autori di romanzi di successo, come “Il vero nome” di  Vernor Vinge, “Snow Crash” di Neal Stephenson o “Neuromante”, di William Gibson, e forse non esisterà mai, nell’accezione di un unico universo virtuale a cui tutti possano collegarsi.

Quello che esiste oggi, da quasi venti anni, è una serie di piattaforme distinte, ognuna gestita da una Certification Authority diversa, che non comunicano tra di loro, né hanno un comune modello di presenza. Non esiste ancora nemmeno una modalità univoca di individuare un Avatar sulla rete, cosa essenziale per diversi aspetti, operativi e giuridici. Ogni individuo che voglia frequentare i diversi Mondi Virtuali oggi deve avere un account diverso per ogni piattaformna, e queste piattaforme sono indipendenti l’una dall’altra.

dal “Blog di Beppe Grillo”

Prima di discutere delle evoluzioni future è bene porsi qualche domanda.

Ma davvero vogliamo che esista un unico “Metaverso”? E chi lo gestirebbe? Chi provvederebbe alla gestione delle manutenzioni, degli aggiornamenti continui, dell’operatività quotidiana, per garantirne il costante funzionamento”? Chi provvederebbe a far rispettare le Terms & Conditions, a proteggere i sistemi?

Qualcuno potrebbe pensare che basterebbe gestire una rete peer-to-peer, come si fa con le blockchain. Ma allo stato attuale delle cose questa soluzione sarebbe impraticabile per gli scopi che vorremmo. Resterebbe intanto irrisolto il nodo del rispetto delle condizioni di accesso. E poi, chi fornirebbe i server di grande capacità per gestire le “isole” del “Metaverso”? Come verrebbero remunerati i nodi senza “minare” cryptovaluta? Allo stato attuale delle nostre capacità tecniche non credo che queste domande possano trovare una risposta semplice.

Oltre agli aspetti tecnici occorre poi porsi anche dei problemi di tipo etico-politico nel guardare all’ipotesi di un Universo Virtuale unico, con un’unica autorità di gestione. Siamo proprio certi che tale gestione non si traduca, magari contro le migliori intenzioni, in un controllo di massa di proporzioni mai viste? E che effetto avrebbe l’intrusione di malintezionati, singoli o entità statali, nei server di gestione di questa ipotetica piattaforma?

Il modello da perseguire, a mio parere, è quello della rete di piattaforme distinte, come avviene oggi, con protocolli unici da rispettare, e con la possibilità di avere una totale interoperabilità tra i diversi Mondi Virtuali.

dal “Corriere della Sera”

E’ un po’ il modello di internet, un patchwork di tanti providers, di grandi o piccole dimensioni, che si parlano tra loro, utilizzando protocolli di rete (TCP, IP, BGP, ecc.) comuni. In cui ogni provider ha il suo “cono” di gestione, nell’annunciare e nel raccogliere il traffico proveniente dai domini da esso gestiti. E ogni provider intrattiene dei rapporti di “peer” con i vicini per consentire la copertura globale della rete internet.

Una rete resiliente, per la capacità dei routers di scegliere sempre la strada pià conveniente, e che non viene messa in crisi dalla defaillance di uno o più parti di essa. E’ un modello che ha garantito il funzionamento e l’evoluzione della rete internet per come la conosciamo fino ad oggi.

Naturalmente, occorrerebbero anche regole comuni, e il riconoscimento dell’identità del singolo Avatar nello spostarsi da un Mondo Virtuale all’altro.

E’ stata di grande importanza la nascita della “The Metaverse Standards Forum”, che raccoglie le maggiori aziende mondiali della rete per cercare di omogeneizzare i modelli di approccio ai Mondi Virtuali.

Quindi la strada non sarà breve, ma credo che ci arriveremo nel giro di qualche anno, dando anche modo alla legislazione di adeguarsi a queste evoluzioni tecnologiche, e ai fornitori di contenuti di proporre e valorizzare le proprie applicazioni all’interno dei singoli Mondi Virtuali. Il futuro è già qui, fattibile e chiaramente delineato, occorre ora creare le condizioni perché tutto questo avvenga.

Impariamo dalle Intelligenze Artificiali.

In questi giorni ci si sta divertendo a giocare con l’intelligenza arttificiale ChatGPT, sviluppata da OpenAI e che vede l’ingresso di Microsoft come principale azionista, in grado di investire cifre favolose, si parla di 10 miliardi di dollari.

ChatGPT non è naturalmente la prima piattaforma del genere, basti ricordare il famosissimo Watson dell’IBM, o i vari SIRI e Alexa, ma è la prima che sta spopolando presso il grande pubblico su internet, messa a disposizione da OpenAI per giocarci un pò.

Di applicazioni del genere ce ne sono dappertutto, è un lnto progredire, senza che noi ce ne accorgiamo, e in modo sempre più pervasivo. E’ un bene, certamente. Le AI daranno un aiuto fondamentale all’umanità, in molti settori, dalla formazione alle diagnosi mediche, dal controllo intelligente del traffico nelle smart cities alla guida delle grandi navi portaconteiners, e via dicendo.

Molti mestieri attualmente svolti dagli umani non saranno più sostenibili, verranno svolti dalle macchine, da robot guidati da AI sempre più efficienti, in tutti i campi, non solo nei lavori manuali, ma anche nelle professioni intellettuali. Basti pensare al grado di affidabilità di una AI nel formulare una diagnosi medica, con un’accuratezza di molto superiore a quella di qualsiasi medico. Purtroppo, e lo stiamo vedendo in Ucraina con l’uso di droni e di armi intelligenti, il progresso si estende anche alla tecnologia militare, ma questo è sempre successo nella storia dell’umanità.

Dobiamo abituarci a questi enormi, e veloci, cambiamenti. Molti di noi dovranno cambiare mestiere, o modo di lavorare. Occorrerà studiare, e accrescere le proprie competenze nelle varie professionalità, come successo nell’esempio famoso dei bigliettai alla stazione Termini di Roma, estinti …

Il Metaverso prossimo venturo.

Da qualche mese, a partire dal Facebook Connect di ottobre scorso, si parla diffusamente di “Metaverso”. Lo scalpore suscitato dallo speech di Mark Zuckerberg (https://www.facebook.com/facebookrealitylabs/videos/561535698440683/) ha catturato l’attenzione di tutti, a partire dagli esperti di tecnologia, poi dagli istituti di ricerca, gli ambienti dei social, le aule universitarie, e gli ambienti industriali. E si capisce bene il motivo: la discesa in campo del colosso di Menlo Park ha fatto capire a tutti che ci troviamo di fronte ad una vera e propria svolta, e anche se si è fantasticato molto sui motivi pseudopolitici per cui Facebook voglia cavalcare questo nuovo settore, non sfugge a nessuno che la potenza economica, e la diffusione di penetrazione sulla rete, di Facebook (ora META) cambierà per sempre le cose.

Mark Zuckerberg

I tempi sono finalmente maturi, vista la potenza di calcolo dei processori attuali, sia delle CPU che delle GPU, e vista anche la crescita graduale della tecnologia 5G, che rendono molto realistica la possibilità di una diffusione esponenziale di queste piattaforme. Ancora qualche ritardo si registra sui visori, apparecchiature indispensabili per creare l’esperienza immersiva, ma su questo terreno si stanno ormai cimentando i maggiori brand di tecnologia, a cominciare dalla stessa META, proprietaria del prodotto Oculus, e dalla Apple, che ha già pronto il suo visore di Realtà Virtuale, attualmente in fase di sperimentazione, e che verrà presentato probabilmente in autunno, anche se qualcuno mormora che l’evento WWDC22 di lunedì 6 giugno (ore 19 italiane) servirà a presentare già il prodotto agli sviluppatori, per consentire loro di iniziare in anticipo lo sviluppo di applicazioni, presupposto indispensabile alla commercializzazione.

Visore 3D

Insomma, questo mercato si è finalmente messo in moto, e per noi che frequentiamo il “Metaverso” da ormai quasi 20 anni, è un’ottima notizia, perché fino ad oggi il settore ha sofferto di scarsi investimenti e di scarsa considerazione, sia dai media che dal mondo accademico ed industriale. L’esperienza più significativa finora, dal punto di vista sociale, e non di gaming, Second Life, ha continuato per questi 19 anni a mantenere la sua presenza di affezionati, ma è sempre stata vista con sufficienza, a parte il boom degli anni 2007-2009, rapidamente esauritosi come hype, almeno per quanto riguarda il grande pubblico e i giornali.

Gli sviluppi futuri saranno sicuramente molto rapidi, quindi occorrerà seguire con attenzione questa evoluzione, perché oltre agli aspetti positivi, ci sono anche degli sviluppi che occorrerà evitare che si realizzino. Io vedo, sopra di tutti, due potenziali problemi, che occorre disinnescare prima che diventi troppo tardi.

Metaverso

La prima questione è la possibilità che un attore industriale (come Meta, o anche Apple) assuma l’iniziativa, e la porti avanti in modo tanto rapido (con investimenti e campagne massicce) da diventare rapidamente una specie di monopolio di fatto. Il pericolo è molto concreto, perché la potenza economica di questi soggetti è tale da poter investire qualunque cifra in questo settore di mercato.

Devo qui dire fermamente che io non credo affatto ad un futuro in cui il “Metaverso” possa essere uno spazio unico ed onnicomprensivo, come descritto nel 1992 da Stephenson nell’ormai mitico Snow Crash. Ci saranno, ci dovranno essere, una serie di “Metaversi” sviluppati da attori diversi, con caratteristiche simili ma concorrenziali, e questo sarà indispensabile per consentire la libertà di scelta e il contrasto ad un monopolio anche commerciale. Non vorremmo insomma che si ripetesse il “fenomeno” Facebook, che ha monopolizzato il mondo dei social. SI rende quindi indispensabile sviluppare e diffondere la tecnologia dell’interoperabilità, fornendo delle API Open Source a chiunque voglia sviluppare il suo “Metaversino”. E’ solo una questione di volontà, perché tecnicamente non ci sono grossi ostacoli. Già nel 2008 la IBM e la Linden Lab effettuarono dei test per teletrasportare un avatar da Second Life ad Open Sim (https://www.youtube.com/watch?v=v45EOma7wDo). Poi in IBM calò l’interesse per questo progetto, non vedendo all’epoca sviluppi industriali adeguati. I tempi ora sono maturi, quindi ci vorrà poco per completare questo percorso, ma dovrà essere rigorosamente in ambito Open Source, con garanzie “Creative Common”, dando a tutti la possibilità di usare, e di sviluppare ulteriormente, la tecnologia. Un ambiente cooperativo insomma.

Uno degli utilizzi più diffusi delle piattaforme immersive: i meetings e l’education

Un postulato di questo sviluppo chiave dovrà essere anche la “portabilità” dell’identità dell’Avatar, da un Metaverso all’altro, in modo da conservarne l’identità e le proprietà, sia intellettuali, che dei manufatti che si andranno a creare in ambito virtuale. La tecnologia block-chain dovrà quindi garantire l’autenticità dei prodotti, e difendere la proprietà intellettuale e “materiale”. E’ tutto fattibile, le tecnologie ci sono già, occorre solo farlo … ed evitare che qualcuno monopolizzi il mercato.

Il secondo aspetto di cui occorre occuparsi con grande anticipo (e cioè subito..!) è quello della proprietà intellettuale e della privacy. Le normative attuali non sono sufficienti in una piattaforma immersiva. La stessa normativa europea GDPR dovrà avere degli aggiornamenti, così come anche una sorta di SPID dell’avatar dovrà assicurare il diritto di accesso e di proprietà, oltre che la trasparenza delle responsabilità in ambito Virtuale, evitando un far west incontrollato e senza regole. Le esperienze fatte fino ad oggi sulla rete ci hanno insegnato molto a questo riguardo.

Insomma, sia apre finalmente una nuova frontiera, grazie al progresso della tecnologia, e alla perseveranza di chi ha sempre creduto in questo prossimo futuro. Seguiamone costantemente gli sviluppi, perché la strada non sarà affatto lineare, ma alquanto tortuosa, e con parecchi rischi da evitare. Un saluto.

Quando i mondi si incontrano

Ho sempre percepito l’ambivalenza di un Mondo Virtuale, un ambiente sintetico costruito dai computer, in cui gli utenti possono fare esperienze di tipo diverso: utilizzarlo come un “luogo” qualsiasi, sintetico certo, ma reale nell’esperienza di incontro e di scambio intellettuale con altri utenti. Oppure usarlo per immergersi in scenari completamente fantastici, in cui si è liberi di vivere i propri sogni, le proprie fantasie, grazie alle creazioni realizzate da macchine sempre più efficienti e intelligenti. Ma le due cose raramente si incrociano, le due modalità di interazioni si mantengono ben distinte nella mente di chi le utilizza.

Quello che invece è successo in Corea del Sud, protagonista una tale Jang, che tre anni prima aveva perso tragicamente la figlioletta di sette anni, costituisce a mio parere un “corto circuito” dagli effetti imprevedibili:

https://www.repubblica.it/tecnologia/2020/02/08/news/una_mamma_incontra_la_figlia_morta_grazie_alla_realta_virtuale_l_esperienza_in_un_documentario-248071885/

La donna ha potuto interagire con la figlia morta, la cui immagine è stata ricostruita in un ambiente di realtà virtuale, vivendo un’esperienza esaltante e carica di emotività. Certo, nell’immediato la donna ne ha avuto un grande sollievo ed è stata felice dell’esperienza vissuta (e magari vorrebbe ripeterla quando più gli aggrada) ma che cosa succederà nella sua mente, che gradualmente stava accettando la realtà della morte della figlia? Potrebbe tragicamente rimanere in un limbo, in cui non sarà più possibile superare il trauma, replicando all’infinito una condizione non più reale?

La psiche umana è fragilissima, e in certi soggetti ha spesso portato a evoluzioni tragiche. Cosa succederà a questa donna? Gli auguriamo naturalmente tutto il bene possibile, sperando che sia abbastanza forte, e stabile mentalmente, da poter gestire questa esperienza. Ma oggi ancora non sappiamo cosa le succederà in futuro, e da molte parti si sollevano dubbi e perplessità sull’esperimento fatto: https://www.wired.it/attualita/tech/2020/02/14/madre-figlia-morta-abbraccio-3d-realta-virtuale/

La realtà virtuale ci offre grandissime opportunità, e notevoli possibilità applicative, da usare a vantaggio dell’umanità in molti settori, dall’education alla medicina, dall’arte alla ricerca sperimentale, all’esperienza fatta con culture diverse dalla propria, ma, come tutte le tecnologie, può avere dei lati “oscuri” a cui bisogna prestare molta, ma molta, attenzione. In particolare, se all’evoluzione tecnologica si affiancano, come sta avvenendo con una rapidità impressionante, le nuove techiche di Machine Learning e di Intelligenza artificiale. Un computer intelligente, utilizzando la realtà virtuale potrà simulare qualsiasi cosa e, conoscendo intimamente i nostri gusti e preferenze (il nostro computer sa tutto di noi) potrà manipolare, in un modo oggi non immaginabile, la nostra psiche.

E’ quindi giusto porsi il problema dell’uso “etico” dell’intelligenza artificiale (AI). Così ha fatto l’ Unione Europea, affidando ad un gruppo di “saggi” la stesura di un Codice Etico per l’approccio europeo all’ AI. Del team hanno fatto parte anche tre italiani: Luciano Floridi (professore di filosofia ed etica dell’informazione ad Oxford), Giuseppe Quintarelli (Agenzia per l’Italia Digitale) e Chiara Giovannini (ANEC). Trovate il codice qui: https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/high-level-expert-group-artificial-intelligence . E un commento in italiano qui: https://www.zerounoweb.it/analytics/cognitive-computing/ethics-guidelines-for-trustworthy-ai-cosa-dice-il-documento-dei-52-esperti-nominati-dalla-ce/ .

Abbiamo quindi un futuro prossimo estremamente stimolante, ma da affrontare in maniera sempre equilibrata e razionale, perchè i rischi, individuali e sociali, potranno essere consistenti. Io credo che finchè riusciremo a gestire consapevolmente la separazione fra esperienze “reali” e “fantastiche”, entrambe possibili con i Mondi Virtuali, saremo in grado di mantenere la nostra integrità prichica, altrimenti correremo pericoli non facilmente valutabili a priori.

Il mistero dei cognomi

All’inizio del 2018 la Linden Lab annunciò che stava lavorando sul ripristino dei cognomi in Second Life, una scelta attesa da molti di quegli utenti che hanno il cognome standard Resident. I tempi previsti erano dati per fine 2018, ma, ad oggi, ancora non si vede il termine di questo lavoro.

Non sembri una questione di inefficienza, o di mancanza di urgenza nell’affrontare questo tema, da parte della Linden Lab. La questione è, effettivamente, molto complessa, perchè il concetto di base su cui la piattaforma è stata sviluppata prevedeva la non modificabilità del nome, quindi l’intera architettura del codice, e dei dati, è stata sviluppata in questo modo. Cambiare i nomi è un lavoro molto, ma molto più complesso, di quello che costò centinaia di miliardi alle aziende di tutto il mondo, per cambiare il numero di caratteri rappresentanti l’anno, in tutti i database del mondo, passando da due a quattro caratteri, allo scoccare dell’anno 2000. Certo qui siamo all’interno di un’unica azienda, ma i costi e i tempi sono elevati comunque, e credo che la Linden Lab avesse parecchio sottovalutato il problema.

Potrebbe sembrare scontato usare il nome dell’avatar come chiave nei database, in modo da effettuare semplicemente un cambiamento di chiave in tutte le tabelle del Database SQL, nel momento in cui fosse richiesto (cosa non banale, ma non particolarmente complessa). Purtroppo i programmatori non sempre lavorano in modo “pulito”, e sicuramente all’interno del codice ci saranno molti punti in cui il nome (ritenuto da sempre inamovibile) è stato usato considerandolo come costante. Quindi, oltre alle chiavi dei database, ci saranno innumerevoli porzioni di codice da modificare. Se a questo aggiungiamo il fatto che i vecchi nomi (coi cognomi) ed i nuovi (senza cognome) sono stati classificati e archiviati con le stesse modalità, vi renderete conto della complessità del problema. Un lavoraccio insomma, con tempi e costi spesso non quantificabili con esattezza a priori, ma da monitorare step by step, gestendo anche eventuali extrabudget.

A completamento del quadro, va detto che una modifica di questo genere, che impatta una notevole parte di codice e dei database, va messa in esercizio con estrema attenzione, e con una rigida schedulazione, per evitare malfunzionamenti e recovery in produzione. E in tutto questo, ovviamente, Second Life deve continuare a funzionare senza interruzioni!

In bocca al lupo agli amici della Linden Lab. Lasciamoli lavorare tranquilli, sperando non arrivino a gettare la spugna. Stanno affrontando un’impresa notevole. Un saluto.