Immersive Wor(l)ds: Letteratura e arte figurativa digitale nella fusione fra mondo fisico e virtuale.

Si è svolto sabato 30 giugno mattina, a partire dalle 10,30, l’attesissimo incontro organizzato presso la sede dell’Accademia di Brera, a Milano ed in Second Life, per presentare ad una platea vasta, in RL come in Second Life, alcune installazioni artistiche realizzate nel Metaverso da artisti virtuali. Gli artisti chiamati ad esporre le proprie opere, alcuni dei quali famosissimi, anche a livello internazionale, sono stati cinque: Giovanna Cerise, Nessuno Myoo, Noke Yuitza, Giulia de Marinis e Lorenzo Liguoro (http://imparafacile.ning.com/).

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Il collegamento è stato effettuato tra la sede dell’Accademia di Brera, con un allestimento nel salone Napoleonico, e la land dell’Accademia, presso Second Life (http://maps.secondlife.com/secondlife/Accademia di Brera/65/180/21). Il pubblico, da una parte e dall’altra, sfruttando anche la connessione in streaming su web, ormai consueta per tutti gli eventi del genere, ha seguito con grande attenzione il percorso, che si è snodato attraverso sei diverse postazioni allestite in Second Life. Ogni tappa è servita a spiegare una diversa opera, commentata dall’artista che l’aveva realizzata. Le installazioni, per chi volesse ripercorrere il tour, sono ancora visitabili presso la land che le ospita. L’organizzazione e la preparazione dell’evento, a cura del team di Imparafacile Runo, e del team di Arte Libera, con Simba Schumann, è stata, come sempre, all’altezza dell’evento. Da cronista, devo dire che un paio di tali installazioni mi hanno davvero impressionato, in termini di bellezza visiva e coinvolgimento emozionale, ma tutte sono state molto apprezzate, sia dal pubblico in Second Life, che da quello in Accademia. I commenti degli artisti, poi, sono stati tutti di grande interesse, all’altezza delle attese.

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La discussione si è andata sviluppando attraverso le varie tappe, ed ha infine toccato un punto fondamentale, che si è espresso con una domanda, posta da uno degli interlocutori presso l’Accademia di Brera. La domanda, davvero dirimente, è stata posta sugli effetti, nel mondo reale, di quest’arte nata e sviluppatasi nel Metaverso. Le risposte sono state pertinenti, mettendo in evidenza le numerose interazioni che si sono sviluppate negli ultimi anni tra installazioni virtuali ed eventi reali, presso musei, sedi istituzionali, eventi e produzioni di Machinima. Tra l’altro, l’intervento di Mexi Lane, promotrice instancabile di molti di tali eventi, insieme a diversi altri artisti e protagonisti del mondo virtuale, ha illustrato quanto di meglio è stato realizzato in questo campo, e portato poi nel mondo reale con grande impatto, attraverso eventi di successo, alcuni dei quali hanno attratto più visitatori in Second Life che nel museo reale.

Tuttavia, devo dire che ogni volta che sento argomentare su tale “ricaduta” dell’arte virtuale in RL, provo un senso di delusione e di perplessità. E’ come se un’espressione artistica, per essere legittimata, debba necessariamente manifestarsi in un posto piuttosto che in un altro: presso un museo piuttosto che in televisione, presso una galleria d’arte o presso invece una land basata in un Mondo Virtuale. Che senso ha una distinzione del genere, per il gusto e la sensibilità di chi la vive?

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Un’opera d’arte, a mio modesto parere, ma anche di molti critici, trova la sua maggior espressione se riesce a sfruttare al meglio il mezzo usato per esprimerla. Un quadro, una foto, una scultura, hanno senso in una galleria d’arte o in un museo, viceversa, una costruzione virtuale, come alcune di quelle di incomparabile bellezza che ho visitato in questo tour, non può che essere apprezzata in un ambiente virtuale, per cui è stata pensata e costruita. Guardare le installazioni, camminarci dentro, essere pervasi dagli effetti visivi e sonori, è qualcosa di una bellezza irripetibile in un ambiente reale. Credo che la critica d’arte cosiddetta “ufficiale” debba cominciare a fare un bagno di umiltà, e porsi anche un problema opposto: come fare a esprimere nel modo migliore, sensazioni nuove e più avanzate, che invece il mondo virtuale riesce a trasmettere ormai prepotentemente.

Non voglio mettere in contrapposizione i diversi ambienti, sarebbe, a maggior ragione, assurdo e fuorviante. Voglio però dire che in futuro l’arte virtuale avrà di sicuro sviluppi inimmaginabili, poiché non ha i limiti e i condizionamenti del mondo reale: non ha problemi di gravità nelle sculture e nelle installazioni, non ha certi limiti di condizionamento da parte di critici d’arte, o sedicenti tali, non deve sottostare al ricatto dei galleristi o alle bieche esigenze commerciali. Le forme artistiche potranno svilupparsi seguendo il talento, o addirittura il genio, di quanti riusciranno a emergere. La critica d’arte “ufficiale” si accorgerà prestissimo di cosa voglia dire avere un mondo vergine a disposizione, per creare e comunicare, ed è molto probabile che questi critici del mondo “reale” scopriranno tale realtà quando questa avrà ormai travalicato i confini del Metaverso. Non dovremo attendere molto…

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24 thoughts on “Immersive Wor(l)ds: Letteratura e arte figurativa digitale nella fusione fra mondo fisico e virtuale.

  1. ha detto:

    Mahalo for the captures and the article about our operas!

    Although my limited Italian, I think I have understand that there’s some debate around plastic art and digital art (including here CG art and cyberspace art) and how is percieved by the art institution. I would like to quote a passage of Danto’s After the End of Art that was made at the begining of the Pop Art movement and that remains totally in concordance with this Digital Era we are living:

    “What we see today is an art which seeks a more immediate contact with people than the museum makes possible… and the museum in turn is striving to accommodate the immense pressures that are imposed upon it from within art and from outside art. So we are witnessing, as I see it, a triple transformation—in the making of art, in the institutions of art, in the audience of art.”

  2. ha detto:

    :
    Leggo e condivido con i frequentatori del blog:
    Attendo con ansia il tuo prossimo link

    Invece di incollare una roba così lunga, non era meglio mettere un link e se uno aveva voglia andava a leggere? Questo spazio si chiama “commento”, e come tale andrebbe usato. Tu hai il vizio di scrivere delle cose lunghissime, magari contengono anche qualche spunto interessante ma io non ho tutto questo tempo.

  3. Eva ha detto:

    :
    …la divulgazione televisiva deve fare i conti con logiche di mercato che tendono a mortificare qualunque cosa sia un minimo piu’ elevato dei…
    -Ruvi-

    Già. A questo punto mi vengono in mente un paio di domande: cos’è questo qualcosa di più elevato? Come si può coniugare con le “logiche di mercato”? Le logiche di mercato sono “abitudini di pensiero”? L’arte digitale è un qualcosa da rinchiudere nei musei come tutta l’arte precedente, oppure..? Qual’è il territorio da esplorare di un arte che eventualmente rompe i perimetri museali?

  4. ha detto:

    :
    non prevedono l’arrivo, nemmeno nel medio periodo, di televisori che comportino tutte queste possibilità di cui parli…

    Eppure se ne vedono molti, Samsung, Panasonic, Sharp, Lenovo, LG, Sony… Si dice che l’ultimo progetto a cui stava lavorando Jobs fosse una TV. Ci sarà un motivo, credo.
    Se il tuo negozio non è fornito, puoi provare a chiedere qui:
    offerte speciali-prezzi imbattibili

    1. ha detto:

      Leggo e condivido con i frequentatori del blog:
      “Le smart TV sono l’evoluzione naturale della tecnologia della televisione, in quanto integrano il computer e l’accesso a Internet con schermi di alta qualità. Consentono agli utenti di rimanere connessi su YouTube*, Facebook* e sui siti Web più diffusi mentre guardano la televisione.
      In sostanza, la smart TV porta Internet in soggiorno. Al progredire della tecnologia, un gran numero di apparecchi televisivi ha acquisito lo stesso livello di capacità dei computer standard, per quanto riguarda navigazione sul Web e visione di video su Internet.
      Qualità video. È bene sapere che il termine “smart TV” non ha nessuna relazione con la reale qualità dell’immagine di un televisore. Sono disponibili televisori HDTV e 3D che possono essere chiamati “smart TV” poiché richiedono semplicemente una connessione a Internet e una CPU adeguata, in grado di gestire un browser con funzionalità complete, oltre al gran numero di applicazioni disponibili sui moderni sistemi di smart TV. Si connettono a una rete Internet domestica tramite WiFi e normalmente consentono una navigazione molto veloce, oltre alla visualizzazione di video.
      Man mano che i processori sono diventati sempre più piccoli e potenti, le smart TV hanno acquisito moltissime funzionalità e gradualmente sono diventate più accessibili.
      App e browser. Le moderne smart TV di aziende come Panasonic* e Sony* presentano due vantaggi di grande importanza rispetto ai videoregistratori digitali e ai set-top box. Molti apparecchi più recenti dispongono infatti di browser completi, cioè con contenuti non soggetti a restrizioni.
      Con la diffusione sempre maggiore di siti Web di streaming, come Netflix* e Hulu* (alcuni di questi siti non sono disponibili in tutti i Paesi), la funzionalità Internet completa di un televisore può rivestire più importanza del cavo o dell’antenna parabolica. Online è disponibile un patrimonio di contenuti video legali, e le smart TV stanno diventando rapidamente il veicolo d’eccellenza per l’accesso a tali contenuti.
      La maggior parte delle smart TV più recenti viene fornita di fabbrica con app store, concettualmente analoghi all’app store lanciato da Apple* per l’iPhone*. Le app aggiungono funzionalità alle smart TV con videogiochi, aggiornamenti sportivi, canali tematici e molto altro ancora. Le app sono economiche o addirittura gratuite, e sono già state usate in modi assolutamente innovativi per rendere la visione della televisione ancora più interattiva.
      I comandi ideali. Quando sono uscite le prime smart TV, i comandi lasciavano molto a desiderare: dopotutto, non è affatto facile digitare un indirizzo Web su un normale telecomando.
      Le smart TV migliori sono dotate di telecomandi progettati per gli attuali utenti dei computer. Alcune hanno schermi touch, il che facilita la digitazione e consente di navigare e giocare più agevolmente; altre invece sono corredate di tastiere standard, di gran lunga superiori ai telecomandi numerici. Dalla comparsa delle smart TV, le funzionalità di navigazione Internet sono diventate sempre più potenti. Anche i prezzi sono scesi considerevolmente e continueranno a scendere, in concomitanza con la diffusione di questa tecnologia. Data l’enorme quantità di nuovi contenuti disponibili, le smart TV rappresentano ormai un acquisto affidabile e offrono un valore aggiunto al soggiorno di qualsiasi abitazione.”

      Faccio qualche considerazione:
      -un buon sito internet sa più cose dei tizio in giacca e cravatta del “Mediadiscountvintageallergy”… ma lo sospettavo già;
      -un altra considerazione è: “embè”? Perché in casa mia si vede già da tempo youtube su un televisore al “plasmon”. C’è collegata una scatoletta con su disegnata una melina morsicata che pare sia artefice di tutto ciò…
      -peccato, quello che diceva Steve Jobs l’ho perso… in compenso ho sentito un tizio che diceva di aver visto la reincarnazione di Elvis Presley suonare in un ipermercato (per la precisione si trattava del Worldfruitsiperdiscount che ha i parcheggi con l’aria condizionata per ritrovarti la macchina fresca dopo che fai la spesa e non corri il rischio che le uova fresche ti diventino sode come le metti dentro l’abitacolo).

      Fatte queste considerazioni, ricordando il flop del “vidochiamami” per il quale si erano mobilitati persino Amendola&Marini, reitero il dubbio: se un TV (ovvero un apparecchio comunemente inteso come tale, ovvero una di quelle “cose” dove si guarda “amici” della De Filippi) ti mette dentro il browser web, il wi-hi-fi e anche il navigatore satellitare (facile: basta mettere una foto che rappresenti una casetta con un puntino rosso fermo, tanto l’apparecchio non si muove dal salotto) non mi sembra da eretici affermare che il computer sta trasformando l’elettrodomestico in un qualcosa di diverso da come lo abbiamo sempre inteso e che questo qualcosa sia un qualcosa che somiglia sempre di più a un computer. Apparecchio, quest’ultimo, che chissà perché non viene considerato dall’Uomo Qualunque un elettrodomestico (che Guglielmo Giannini mi perdoni).

      Tutto ciò detto, mi sembra evidente che palare di virtualità possa essere più nei toni di letteratura sul tipo di “La stanza rossa – Trasversalità artistiche e realtà virtuali negli anni 90″ di Righetti e Galluzzi, editore Riscontri, che in quella delle interpretazioni psicologiche molto smart….

      Ma… se il TV diventa computer… cosa c’è di nuovo sotto il sole? Che lo strato di utenza di “certe cose” si allarga? A me pare un processo naturale…

      Attendo con ansia il tuo prossimo link

      Saluti

  5. ha detto:

    :
    Se il TV si dota delle funzionalità di un computer, ovvero “tende a…” diventare un computer, ciò mi pare fornisce ragioni al mio argomentare.

    La TV, come tanti altri “elettrodomestici”, è di già un computer, da tempo. Ho appena aggiornato il firmware dellla mia TV facendo il bootstrap da una chiavetta USB. Per ora il frigorifero resiste, ma prima o poi…
    Io credo che la TV di cui parli tu sia un po’ superata, perlomeno in questo contesto.

    1. Ruvi Sagittaria ha detto:

      Cibi, non si sta discutendo dei possibili sviluppi dell’obsoleta tecnologia televisiva. Il punto e’: puo’ una forma d’arte che nasce nel metaverso essere divulgata nel mondo reale (io preferisco chiamarlo “mondo fisico”) tramite la televisione, come si ipotizzava? A mio parere no, sia per motivi tecnologici (la tecnologia di cui parli tu non ha mercato, e’ una nicchia rispetto alla massa di televisori circolanti), ma soprattutto per motivi di offerta. Sia la tv generalista, sia quella piu’ specifica fanno enormi difficolta’ a parlare di arte o a divulgarla. Al contrario, la tv resta la fonte principale di alimentazione dell’ignoranza. Anche quando l’intento e’ nobile, la divulgazione televisiva deve fare i conti con logiche di mercato che tendono a mortificare qualunque cosa sia un minimo piu’ elevato dei talent show alla De Filippi.
      -Ruvi-

  6. Ruvi Sagittaria ha detto:

    A mio modestissimo parere i fatti hanno dimostrato, dopo anni di esistenza degli universi virtuali, che i metaversi sono una pura nicchia destinata a restare tale, con tutto il rispetto dei pochi volonterosi che cercano di unire i due mondi. Se fossi un artista e mi dedicassi a comporre opere in 3D su grid elettroniche, saprei bene che quelle opere hanno un unico futuro, ovvero essere fruite dai visitatori della grid virtuale. La televisione inoltre non ha la tecnologia necessaria per esportare certe opere nel reale: non basta la tecnologia 3D (peraltro in lentissima affermazione). Il punto dell’interattivita’ e’ fondamentale. Col cavolo che con il mio telecomando tv posso orientare la mia visuale in 3D, girare attorno ad un oggetto, entrarvi, acuire i punti di luce o l’ampiezza dei suoni navigando all’interno dell’oggetto stesso. Tralascio inoltre il giustissimo punto che pone Eva, ovvero che l’interttivita’ in SL e’ data dalla libera possibilita’ di chattare con altri utenti e comunicare in modo immediato impressioni e idee. Il solo legame ad oggi paragonabile tra le grid dei metaversi e il grande pubblico potrebbe essere costituito dalle piattaforme di gioco. La Play e’ uscita dalla nicchia da anni e potrebbe prestarsi ad espandere verso il grande pubblico certe realizzazioni delle grid 3D. Ma Play e Xbox sono notoriamente il principale concorrente della tv nelle case e nelle serate di tutto il pianeta. E dubito che i fruitori dei giochi e i navigatori dei metaversi siano pubblici confrontabili, se non in minima parte.

    1. ha detto:

      Uno dei primi progetti di TV interattiva in Italia è del 1998, non si può certo dire che sia una novità. Le smart TV invece, 3D e interattive, sono più recenti. Kinect e realtà aumentata interattiva possono senza dubbio fornire esperienze di movimento 3D anche sulla TV.
      Io penso che il modello di TV a cui tu ed Eva vi riferite sia un po’ vecchio.

      1. Eva ha detto:

        Quanto a me, sembra che definire il televisore sia diventato improvvisamente difficile… In ogni caso, questo pomeriggio, da Mediadiscountvintageallergy (mio nuovo fornitore), non prevedono l’arrivo, nemmeno nel medio periodo, di televisori che comportino tutte queste possibilità di cui parli… Il tono con cui me lo ha detto il tizio in giacca e cravatta che organizza il settore video dellì’area sud-sudovest di tale centro sorto sei mesi fa, mi scoraggia di andare a chiedere alla gente se tali apparecchi sono di uso comune in casa loro. Forse, poi, sono tutta gente antiquata che non capisce i mezzi… moderni?

        Di certo, pensavo, certi apparecchi andrebbero a ruba, visto che essendo interattivi, potrebbero permettere di cambiare il risultato delle partite di calcio, per esempio.
        Parlo da incompetente, naturalmente. Magari oggi sarebbe troppo tardi, a meno che non ci sia anche la possibilità di tornare indietro nel tempo. Ma come fare?

        Rintrando a casa convinta di non cavare un ragno dal buco, mi sono perciò rassegnata a ritirarmi in faccende a me più consone. Ponendomi in quest’ottica, mi sono ricordata di acquistare, prima di rientrare, di una confezione di farina che mi servirà per “lavorare” le anguille…

        Cordialmente.

        E.

  7. ha detto:

    :
    Che l’interattività possa essere una discriminante, ho più di qualche dubbio. Un semplice telecomando rende la televisione interattiva…

    Certo, ma come si fa ad impedire che sulla televisione interattiva non si allunghino le ombre ipotizzate dalla letteratura di Ray Bradbury?

    Le considerazioni oggettive sono, secondo me, nel fatto che le possibilità ipoteticamente offerte da un telecomando saranno sempre inferiori rispetto a quelle che possono essere date da una tastiera “qwert”… tale tastiera si può usare in modo semplificato, non è vero viceversa: un telecomando non sarà mai una tastiera “qwert”.

      1. Eva ha detto:

        Se il TV si dota delle funzionalità di un computer, ovvero “tende a…” diventare un computer, ciò mi pare fornisce ragioni al mio argomentare.

        Aggiungo, per non essere fraintesa, che già posso aggiungere la tastiera “qwert” anche alla lavatrice e all’autovettura ma nessuno ha dubbi che tale tastiera non ha, lì, negli oggetti che cito e in tanti altri cui posiamo affermare che è applicabile, le stesse implicazioni che ha quando è applicata a un computer.

        Cerco di fare una metafora per illustrare il concetto: teoricamente possiamo anche allestire una voliera su 1, 10,100 o 1000 ettari di terreno, alta 1-2-300 anche 400 metri. Ma sempre si tratterà di una voliera, cioè non sarà mai una situazione dove gli animali possono essere considerati “liberi”.

        La mia opinione è che chi pensa che i problemi del mondo si risolvono costruendo voliere, sbaglia. So benissimo che c’è tanta gente che pensa il contrario, sopratutto chi intravede, in tutto ciò, la possibilità di diventare “amministratore della voliera”. Normalemnte queste sono da me considerate “illusioni”.

  8. ha detto:

    Che l’interattività possa essere una discriminante, ho più di qualche dubbio. Un semplice telecomando rende la televisione interattiva, senza andare nel dettaglio dei programmi dove puoi scegliere e condurre la trama. Sicuramente l’interattività non è una discriminante. Per quello che riguarda l’arte, riporto un brano da un articolo del 2001:

    “Nelle immagini e nell’immaginario delle opere si immettono le suggestioni di musica, suoni e parole, l’animazione del movimento, la fluidità di un senso del tempo di volta in volta espanso o contratto o moltiplicato, i suggerimenti di una percezione diversa, più attiva ed intensa sul piano del corpo e dei sensi; intessuta dalla dimensione mobile ed incorporante dell’evento,”

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    1. Eva ha detto:

      Sarebe carino l’esempio di un programma del quale qualcuno (ad esempio io) può ritoccare la sceneggiatura, manipolare le scelte del casting e operare una diversa disposizione delle luci.

  9. ha detto:

    Virtuale, virtuale, virtuale! In giro usano tutti questa parola… a questo punto dovrei chiedermi il perché la usiamo a sproposito. Inoltre, certamente dovrei studiare la nomenclatura prima di azzardarmi a parlare di temi “artistici” perché “moderno” o “contemporaneo” nascondono l’insidia di avere precisi significati convenzionali. La lezione che ricevo è che le parole hanno uno ed un solo significato, una frequenza esattamente definita, un po’ come le vibrazioni del diapason definiscono inequivocabilmente il suono del “la”.

    Diapason e “la” mi danno l’occasione per esprimere qualche parola attorno alle nomenclature esonerandomi dal ripetere l’odioso aggettivo vintage. La musica, nel dettaglio quella che si suona nelle “disco”, ha infatti tante micro-definizioni delle quali mi vengono in mente “house”, “tecno”, “hip-hop” “minimal” “elettronica”. Che esista una “virtual music” non mi risulta, per fortuna. Ci sarebbe da chiedersi il perché, ma rischierei di mettere troppa carne al fuoco.

    Ora, è utile ricordare che le disco, che soprassiederei come siano gestite non da stinchi di santo, esistono non per scatenare la fantasia degli inventori di definizioni di generi musicali e sub-tali ma perché, sopratutto, sono un affare… anche se è innegabile che la merce, per essere venduta, dev’essere classificata. Delle disco, per fare un minimo di quella che altrove sarebbe definita divulgazione, si preferisce dire, che esse sono “divertenti”. Non vi è in quel settore l’evocazione della fraintendibile retorica del duro lavoro, né l’esibizione di burocrazia nomenclativa di ciò che esce dalle casse acustiche perché, la cultura popolare cui la discoteca si rivolge, sa benissimo che questi elementi sono caratteristici di quel qualcosa che in un celebre film è definito “tutto chiacchiere e distintivo”. Si potrebbe dire che si tratta di cose di bassa lega ma ho la certezza che nei discorsi etici attorno a tutto ciò è possibile vi sia qualcuno che ritiene vi sia più filosofia lì che in certi pomposi istituti universitari… ma questo è, giustamente, da vedersi.

    Posso usare la musica per fare un ragionamento analogo per quanto riguarda l’arte virtuale? In fondo, il pubblico (vasto) delle disco virtuali potrebbe anche essere pubblico delle rassegne d’arte altrettanto virtuali o viceversa. Quindi mi pongo il problema: partecipare a una rassegna d’arte virtuale (che Dio mi perdoni), è andare tramite un alter ego presso l’alter ego di un museo?

    Anche la “disco” la si può riprendere televisivamente… ma, nello specifico, è noto che vedere una disco in televisione non è come esserci… a meno che noi non abbiamo in mente di fare una fiction che al posto di ospedali o la casa del nonno, abbiano come luogo-pretesto, una discoteca. Potrebbe essere intrigante proporre una fiction dove pubblico vero si mischia ad attori? Si, ma non funzionerebbe… a meno che il pubblico vero non sia “irreggimentato”, ovvero diretto opportunamente. Detto in termini cinematografici: ridotto a comparsa.

    Eppure chi va in disco su SL sa benissimo di non fare la comparsa: partecipa alla costruzione di una scena che, accompagnata dalla musica e dai dialoghi che lì a tutti i livelli s’intrattengono, compone una letteratura (perché notoriamente “chatta”, ovvero comunica per iscritto) dalla valenza certamente differente della situazione reale. Potrebbe essere tutto ciò un qualcosa che innesca discorsi di “un certo spessore” esistenziale? Forse si, forse no… ma di certo sono discorsi popolari e se la gente continua a perpetuarli significa che ne traggono un certo “ritorno”, perché no, anche culturale. Questo avviene con l’arte che si crea in SL? Secondo me si, nelle composizioni artistiche del metaverso vi è la costante affermazione che l’arte che si sviluppa in SL afferma che ciò che avviene lì è sopratutto visuale.

    Ora, in SL, ogni tanto spunta qualcuno che vorrebbe ridurre singoli giocatori o gruppi di essi al rango di comparse ma la cosa non funziona per un motivo molto semplice: chi va in SL non vuole fare la comparsa.

    Questa, è almeno la seconda certezza che ho. Cioè che la forma espressiva che noi chiamiamo “virtualità” (anche se a qualcuno la definizione fa venire l’orticaria) non è televisivamente rappresentabile, in quanto è un azione intrinsecamente interattiva e, la televisione, non è un mezzo interattivo. I due media sono quindi in intrinseca contraddizione. Il “gestore della disco” non avrebbe dubbi nel definirli concorrenti.

    Inoltre, il fattore fondamentale di ciò che decreta un successo o non successo è decretato ai mio parere dai numeri e dalla passione. Quelli, combinati, sono indicatore delle tendenze dominanti. Cioè, in queste cose, un minimo di leggi di mercato non guasta. A mio modesto parere il pubblico di SL ha già da tempo affermato che ritiene arte lo spettacolo offerto dai corpi che è, anch’esso televisizzabile. Solo che se è televisione, lo spettacolo di tutto ciò è solo pornografia, se interattivo è un qualcosa di differente.

    Quanto alle riprese fatte con competenza e idee… anche il mio cane è assolutamente d’accordo: nulla lo urta di più che essere descritto, maldestramente e senza idee, “un cane”.

    1. Mexi Lane ha detto:

      L’anno scorso al Macro c’era una magnifica installazione di Ernesto Neto: “While Nothing Happens”. Vista, olfatto, udito. Visitandola ci s’immergeva in un trionfo di odori di spezie e se ci si avvicinava ad ogni singolo contenitore di garza ogni singola spezia poteva essere riconosciuta e procurare reazioni psico-fisiche.
      L’installazione è stata plurifotografata, ripresa in video, e su di essa sono stati realizzati numerosi servizi televisivi.
      E’ chiaro che tramite teleschermo se ne perdesse una parte, e cioè quella immersiva-olfattiva, tuttavia l’opera divulgata tramite i media ha attirato un numero maggiore di visitatori, incuriositi dall’esperienza che avrebbero potuto vivere a contatto dell’opera.
      Se fosse vero che dell’arte in SL non si può fare alcuna divulgazione televisiva, pretenderei che pure nel web non comparissero più snapshot e tantomeno machinima.

      1. ha detto:

        Quanto al non poter fare pubblicità dell’arte in SL in televisione ribadisco che il problema non è del SL-arte ma è insito nel mezzo tecnologico di cui si vorrebbe attirare l’attenzione.

        Infatti è per via della natura tecnica “stellare”, cioè consistente in un centro attivo che distribuisce verso periferie più o meno passive, che la televisione sarà sempre di un qualcuno -o di una ristretta cerchia- e questo qualcuno -o cerchia- la gestirà sempre con mentalità da “proprietario del locale”. Ovvio, c’è differenza di eleganza tra una gestione e l’altra ma sempre di stessi tipi si tratterà esattamente come sono stessi tipi che cedono o subentrano nella gestione dei locali di lap dance. In linea teorica non si può certo escludere che quel mezzo, la TV, non possa essere una vera finestra sul mondo ma questo mi sembra un qualcosa di molto lontano rispetto all’attuale situazione che infatti ha emarginato, in sordina, una voce come quella di Philippe Daverio, per es.:

        Questa, che potrei considerare di partenza, di quanto accade del web fa di tutta l’erba un fascio e quello che io ho visto che offre come informazione è una visione o di “incontri per sesso”, o generatore di addictions per ragazzini, o veicolo di messaggi e giochini tipo “fai risorgere il nazismo” e altre assortite menate che i genitori pensano sempre che nei loro figli siano state indotte da qualcun altro “perché noi, in famiglia, non abbiamo mai fatto queste cose”. Pertanto escludo, scusandomi per la malpensanza, che la televisione sia disponibile a un qualcosa che esula da questa “confezione”.

        E’ evidente, perché la tecnologia è differente, che da tutto ciò sono esenti i siti web che, a mio avviso, possono pubblicare tutte le snapshots che vogliono e altro. Che c’entra il sito web con la televisione? Il sito web può anche far parte di una strategia mediatica ma è una strategia molto più blanda. Non puoi far finta che sia visto più degli atri perché l’audience non lo si misura con l’auditel, tanto per iniziare. Secondo: il sito web non è il telegiornale dell’una e mezza che ti becca lì, mentre ti rilassi a mangiare un boccone (anche nel bar). Il sito web, come un giornale, lo guardi dopo. Pertanto lo ponderi.

        Cioè: mentre la televisione ti obbliga al voyeurismo, il web no. E non mi pare una differenza da poco.

        Magari c’ìè qualcuno che sogna il web diventi come la televisione, ma questo se esiste è perché la gente non solo vede quello che sa, ma anche sogna solo quello che sa.

  10. Mexi Lane ha detto:

    Io sinceramente mi sono seccata di sentir parlare ancora di “virtuale”.
    Si parlava di virtuale negli anni ’90, alla comparsa dell’Internet, salvo poi digerire ciò che aveva scritto Pierre Lévy, ribaltando ogni pre-concetto psico-sociale, accademico, antiquato.
    L’arte in Second Life (se e quando lo è) non compare da sola attraverso l’immaginazione, ma servono ore e ore e ore di duro lavoro manuale per costruire qualcosa di buono. Quindi è arte a tutti gli effetti. Contemporanea.
    Quanto alla televis-azione menomale che Eva ha delle certezze. Per quanto mi riguarda penso che ogni cosa visiva che accade nel mondo sia televisizzabile. Serve solo competenza e… idee.
    Circa le “forme d’arte moderna” citate da Eva (e poichè ritiene “che l’arte virtuale, non potendo essere che moderna, debba necessariamente essere interattiva”) c’è un errore storico: l’arte moderna finisce nel 1970 circa.

  11. ha detto:

    Intanto, l’arte, rivolgendosi all’individuo nella sua sfera soggettiva, pone, se virtuale, un problema: chi è l’individuo in tutto ciò? Voglio dire che essa ripropone quel problema di cui abbiamo parlato in altre sedi: sul “se o non si è se stessi”, sul “cos’è un identità”. Concetti che trascinano la loro coda anche nel voice/non-voice che è ritenuto, a torto, un argomento di bassa lega.

    L’Italia, nella sua artisticità globale, offre esempi che vorrei porre. Prendiamo i musei, sopratutto in Italia sono “scolastici”, quindi con una netta affermazione: io sono artista e tu sei pubblico. Un qualcosa del genere, nel virtuale, non si può fare: è indicativo e incoraggiante.

    Questo sistema espositivo che ho detto, può essere accettabile se il museo espone opere autentiche, rare reliquie del passato, ma è un sistema che può non essere adeguato a forme d’arte moderna le quali sono concepite nell’ambito di discorsi che prevedono un interazione del pubblico con l’opera. Pertanto ritengo che l’arte virtuale, non potendo essere che moderna, debba necessariamente essere interattiva.

    Da cui due conseguenze. La prima è che l’arte virtuale non può essere televisivizzata e la seconda ripropone quello che ho già citato: chi è l’individuo destinatario del messaggio?

    Accantoniamo di nuovo la domanda continuando a parlare dell’arte, in Italia, al di là dei musei. Prendiamo per esempio i suoi paesaggi… quello toscano.

    Indubbiamente si tratta di arte, perché composto di uno sfondo arricchito dalla sensibilità di chi contribuisce al tutto con la sua piccola porzione… All’estero, infatti, una cosa molto apprezzata dell’Italia, manco a dirlo, sono i paesaggi. Di certo, quello toscano, lo è. Apprezzato, intendo

    Ciò fornisce una chiave interpretativa su cosa può essere l’arte e l’artista nel virtuale. L’opera di un qualcuno che con le sue stimolazioni visive (che non è detto siano solo ed esclusivamente luci, lights) si rivolge più a una generica sensibilità piuttosto che a un determinato sesso… Ma il grosso del pubblico di SL, per esempio, non ragiona esattamente così. Questo è un problema?

    Posta questa domanda, quanto a me, osservo quindi che il virtuale è particolarmente efficace a svelare le associazioni derivanti da “abitudini di pensiero” dei giocatori, che nel virtuale appaiono in tutta la loro evidenza. Questo perché si tratta di un mondo letterario. Esso, in prospettiva, non può quindi spiegare, ma solo descrivere. I suoi individui sono sempre, tutti, delle interpretazioni. Spesso abbagliate da “ideali”.

    Ecco, l’arte virtuale dovrebbe percorrere questa strada. Impossibile, quindi, televisivizzarla. Almeno una certezza c’è 🙂

  12. ha detto:

    Io sono ancora troppo coinvolto emotivamente per poter essere oggettivo, ma sono molto soddisfatto di quello che con il mio gruppo e con Simba Schumann ho realizzato stamattina.

    Con Livio sono d’accordo quando dice che eventi così sono troppo pieni per poter essere apprezzati davvero (me lo sono segnato come elemento di miglioramento per la prossima volta), mentre faccio fatica a trovare un alternativa all’aggettivo “virtuale”. Come ho detto stamattina, la contrapposizione reale/virtuale non mi piace, ma l’aggettivo che cambierei è “reale”, perché qualsiasi altra cosa gli si accosti è percepita come “irreale”. Allora parlo in genere di mondi fisici e mondi virtuali, facendo notare che sono entrambi mondi reali.

    Anche con Mexi sono d’accordo quando dice che le cose di SL vanno portate fuori. Lei si riferisce all’arte, io sto cercando di farlo con gli incontri sui libri. Non entro nel campo dell’arte perché non è il mio (se non per occasioni più o meno fortuite come questa) ma, per quanto riguarda gli eventi letterari, sto lavorando su diversi piani per migliorarli: ambientazioni d’effetto, interazione fra mondo fisico e virtuale, ripetibilità degli eventi ecc. Per fare questo però servono costanza, voglia di imparare dagli errori e occasioni per sperimentare, tanto per dire le prime cose che mi vengono in mente.

    Infine credo che il vero salto di qualità lo faremo quando non ci sarà più bisogno di presentare e spiegare SL. Pensateci un attimo: quando andiamo al cinema ci andiamo per goderci un film, e non ci interessa che qualcuno ci spieghi come sono state fatte le riprese, la tecnica di montaggio o cose di questo genere. Ci sediamo e ci godiamo la storia.
    Ecco, il mio obiettivo per il prossimo anno sarà questo: invitare persone e avatar a partecipare a degli eventi mix reality, facendo in modo che si siedano e si godano lo spettacolo interagendo fra loro.
    Prima però mi prendo una luuuunga vacanza.

  13. ha detto:

    E’ stato piuttosto interessante, ma trovo che questo tipo di presentazione in SL corra il rischio quasi sempre di essere troppo carica, troppe cose da vedere, troppi stimoli e alla fine provoca un bias cognitivo troppo elevato con conseguente fatica.
    Senza dubbio queste manifestazioni sono appaganti per chi organizza, forse per il pubblico andrebbero pensate diversamente.
    Inoltre, sarebbe ora di lasciar perdere l’aggettivo “virtuale” per indentificare queste realtà, sarebbe più chiaro per tutti chiamarlo mondo elettronico e stop.
    Io non credo che esista una nuova arte, per ora.

  14. Mexi Lane ha detto:

    Così come la “Net art”, nata e sviluppatasi in web, ha trovato posto in alcuni musei d’arte contemporanea, allo stesso modo l’arte cosiddetta “virtuale” deve trovare una collocazione, e quindi un riconoscimento ufficiale, in altrettanti musei. Che lo si faccia tramite machinima o connessioni organizzate, o proiezioni, o altro, questa “nuova” arte deve comunicare la sua esistenza fuori dalla nicchia dei virtual worlds.
    Il concetto del trasferimento al di fuori dei mondi virtuali in cui essa nasce ed è fruibile riguarda unicamente la sua diffusione. Portarne a conoscenza un pubblico più vasto significa incrementare gli accessi e ampliare la comunicazione.
    Quindi benvenga la televisione come strumento di divulgazione, benvengano i musei e le gallerie, ma anche le accademie d’arte (e perchè no anche i licei artistici) in cui è necessario aprire le porte agli strumenti digitali e portare la conoscenza di questi spazi. Il futuro è adesso e non possiamo più aspettare.

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