L’essenza del lavoro nel Mondo Virtuale

Negli ultimi mesi, ogni qualvolta che presentavo un’idea, una iniziativa in Second Life, ogni volta che discutevo con amici o conoscenti, owner o artisti, giornalisti o stilisti, ci si trovava spesso a dibattere intorno al significato di “lavoro” nel Mondo Virtuale. C’era chi negava decisamente di lavorare in Second Life, chi invece presentava il proprio impegno virtuale come puro divertimento, e chi, tracciando una linea netta di separazione tra la vita reale e quella virtuale, sosteneva che ne aveva tanto fin sopra i capelli del proprio “lavoro” reale, che era assurdo per lui pensare di fare qualcosa anche nel Mondo Virtuale. Ho sempre ascoltato con un certo disagio queste argomentazioni, poiché io utilizzo il Metaverso per divertirmi, mentre lavoro, non distinguo le due cose. Mi sono quindi trovato a chiedere a me stesso quale fosse, dal mio punto di vista, il vero significato di “lavoro”.

Non voglio dirvi a quali conclusioni sono giunto, ma voglio avviare con voi una riflessione, cercando anche di capire quali nuovi modelli ci vengono insegnati, nell’era della rete, per cambiare il nostro modo di lavorare, ed il nostro comportamento all’interno degli ambienti digitali. Per farla insieme questa riflessione, voglio partire da un video, che vi chiedo di guardare tutto, fino in fondo, poiché ogni istante di questa registrazione è uno stimolo a riflettere e a cercare di capire. Il video si chiama “La tela e il ciliegio”. Guardiamolo insieme.

http://www.youtube.com/watch?v=YFUt2cVqqSs&feature=youtu.be

Finito? Avete visto, in questo video, due ere geologiche a confronto: Mastro Antonio, 90 anni, professione Ebanista, orgoglioso di esserlo, e Jacopo, 19 anni, Digital Life Coach, una delle nuove professioni dell’era di Internet. Due uomini del sud, l’uno con una sapienza antica, di cui ogni sua parola rappresenta un insegnamento profondo, l’altro un “nativo digitale”, la cui giovane età non deve assolutamente trarre in inganno, i suoi risultati parlano per lui. Jacopo ha un proprio sito web, Mastro Antonio, ovviamente, ci racconta a voce la sua esperienza. Due storie molto diverse tra loro. Mastro Antonio ci ha messo decenni per arrivare alla perfezione, ha attinto alle esperienze delle generazioni precedenti, si è costruito da solo gli attrezzi, ha provato e riprovato, e, ancora a 90 anni, ha qualcosa da scoprire. Jacopo si è cercato da solo i suoi maestri sulla rete, da autodidatta. A 19 anni è un esperto professionista, dà consulenza ad aziende, ha un team allargato, un network di contatti che gli consentono sempre di arrivare alla soluzione di un problema.

Tuttavia, la passione e la voglia di lavorare, l’ambizione di costruire qualcosa di “ben fatto”, la ricerca dell’eccellenza, sono le stesse. Entrambi non distinguono tra divertimento e lavoro, per entrambi il lavoro è il loro modo di vivere, di realizzarsi, indipendentemente dall’oggetto finale, dal risultato pratico della propria attività. Jacopo ci dice anche qualcosa che deve farci profondamente riflettere, noi abitanti del Metaverso, che cioè l’ambiente digitale non è affatto una cosa diversa dall’ambiente reale, ma semplicemente una sua estensione, un modo per arrivare più velocemente, e meglio, ad un risultato. Cercare contributi in rete, condividere le esperienze, cercare le soluzioni insieme ad altri, cooperare. Sono modelli lavorativi che ampliano le capacità dell’uomo, mettendo a disposizione della collettività, ma anche del singolo che vuole servirsene, le esperienze di tutti.

Il Mondo Virtuale non è altro che uno dei paradigmi della rete, uno dei più efficaci, che ci consente di misurarci con gli altri direttamente, ricreando un ambiente fisico in cui incontrarli, un’ulteriore e potente possibilità offerta dalla rete. Mettere insieme mondi e spazi diversi per farli ritrovare in un unico “posto”: un’enorme passo avanti. E così, come non c’è differenza tra reale e virtuale, così non c’è differenza tra il lavorare in un’ufficio reale, fisico, e il lavorare in uno sazio virtuale distribuito, poiché la cosa importante, la vera essenza del lavoro, sono le idee, la condivisione delle esperienze. Innovazione è cambiare il modo di pensare delle persone. Non fare referendum in rete con un click, ma consentire alla gente di imparare e di progredire insieme, mettendo in comune conoscenze e idee nuove. Non siamo affatto innovativi se clicchiamo semplicemente un “mi piace” su Facebook, lo siamo se siamo invece capaci di confrontarci con gli altri, magari a migliaia di miglia di distanza, cercando di comprendere meglio i problemi della nostra società e guidando uno sforzo collettivo, non di un singolo, verso un mondo migliore.

Il Metaverso può essere un incredibile facilitatore di questo nuovo modello culturale. La cosiddetta “democrazia diretta”, una balla colossale, poiché banalizza i problemi ee evita l’approfondimento, deve invece lasciare il posto al lavoro e all’elaborazione comune. E’ vero che uno vale uno, ma è anche vero che molti valgono più di pochi, hanno più probabilità di arrivare alla soluzione dei problemi. Il risultato di un nuovo modo di pensare passa attraverso la condivisione.

I Mondi Virtuali non sono una moda come un’altra, alla stregua di un Facebook o di un Twitter, sono una possibilità, che ci è stata offerta dal progresso, di sfruttare al meglio i nuovi strumenti tecnologici. Ma non basta saper usare gli strumenti, occorre imparare a lavorare insieme, e qui, purtroppo, la tecnologia non risolve il problema, solo ci aiuta a semplificarlo. Il salto culturale dobbiamo farlo con la nostra testa: saremo innovativi quando riusciremo a dare un contributo vero su questo cammino, senza cliccare nessun “mi piace”, ma sedendoci una sera, magari intorno ad un fuoco “virtuale” in una land lontana, a ragionare del perché non siamo capaci di pensare in grande, di allargare i nostri orizzonti. E a cercare di capire perché, nonostante tutto, Mastro Antonio ha vissuto una vita più felice della nostra.

5 thoughts on “L’essenza del lavoro nel Mondo Virtuale

  1. Kebra ha detto:

    Vorrei però aggiungere una nota.
    SL è FB sono due sistemi che consentono di costruire una rete.
    Anche un forum o un blog sono strumenti cosidetti social.
    Ma tra tutti questi mezzi il meno indicato alla comunicazione è proprio SL.
    IL motivo principale è nel fatto che l’ ambiente virtuale ricostruisce un rapporto prospettico frontale tra chi parla o mostra o spiega e chi ascolta.
    Al contrario i social media non 3d costituiscono un sistema che definirei piatto oppure orizzontale. Questo meccanismo favorisce il confronto, il dibattito e il dialogo.
    Per questo motivo SL ha perso la sfida con gli altri social media.
    SL dovrebbe, per raggiungere gli obbiettivi proposti dall’ argomento in questione, iniziare a ricostruirsi sul piano relazionale, reinventando un sistema di incontro che spezzi la dinamica da show-business che in questi anni ha assunto, scimmiottando il mondo fisico e tutti i suoi aspetti più marci e negativi.

    Questo che sto dicendo qui non potrei mai dirlo in SL.
    Ecco perché un blog può essere uno strumento di confronto e dialogo mentre SL è solo esposizione e show.

  2. ha detto:

    Kebra, io penso che il collegamento con le forme della realtà nell’architettura e nella creatività di second Life sia dovuta al fatto che i Mondi virtuali non hanno una funzione pratica o una correlazione diretta con la realtà, di conseguenza si tende ad umanizzare gli avatar o a rendere realistiche le ambientazioni in modo che l’utente abbia un impatto immersivo più soft…. più simile a ciò che la sua mente riconosce. Questo atteggiamento, prediletto dagli utenti di SL, (e che ovviamente non contraddice né è antitetico alle ambientazioni di pura fantasia) per altro credo sia l’unico che oggettivamente possa mantenere attiva l’opportunità di interazione fra canoni estetici reali e quelli puramente virtuali.

    SL è anche una piattaforma di Sperimentazione creativa .. ad esempio io sono interessato alle contaminazioni dello stile minimal .. riletto ovviamente in chiave virtuale. (Strutture iper realistiche che non potrebbero esistere in RL … o quasi ;o))) –

    1. Kebra ha detto:

      Non è detto che l’ avatar umanizzato debba percorre spazi architettonicamente ispirati alla storia dell’ architettura per vivere in modo immersivo la sua esperienza.
      Ma era solo un esempio per dire che molte persone si sforzano di ” rivivere ” in SL il quotidiano.
      L’ esempio clamoroso è il fatto che taluni arrivano ad avere storie sentimentali con annessi matrimoni senza essersi mai incontrati.
      E’ un gioco che assomiglia ad un castigo infernale, dover rivivere all’ infinito sempre la stessa dimensione. ; )

      Ambientazione di pura fantasia non è un termine esatto.
      io direi piuttosto ambientazione virtuale.
      Una sim è un grande quadrato nell’ oceano, qualsiasi cosa ci metti li è pura fantasia.
      Oppure è un ambiente virtuale. Con tutte le sue specificità.

      Ma restando al discorso lavoro, mi sembra che in un certo periodo molti pensavano di poter costruire il proprio business virtuale in SL. Poi la bolla è finita e ora sembra che si stia rivalutando SL nella sua componente principale, ovvero il simulatore.
      Luogo di esperimenti sociologici, artistici, politici e anche lavorativi ,ma pur sempre simulazioni.
      L’ attività lavorativa vera poi sta fuori nel mondo reale.

  3. ha detto:

    Concordo con Kebra sul fatto che il lavoro non sia l’unica possibilità che abbiamo di progredire, sono sempre stata convinta, invece, di quanto entrare in relazione “personale” con gli altri ci faccia crescere. Le relazioni lavorative sono per natura relazioni di convenienza e penso che in un mondo virtuale non siano affatto necessarie.
    E’ vero, aquila, secondlife può essere una grande opportunità per affinare le nostre professionalità, per scoprirne delle nuove, ecc., ma ritengo anche che questa sia una delle possibili utilizzazioni di questo mezzo. C’è chi ha una vita reale professionalmente piena e appagante e su sl entra solo per svagarsi, perchè pensare che non abbia capito il valore di sl? Ogni cosa può avere mille utilizzi, non ce n’è mai uno solo giusto, c’è quello più congeniale per ognuno di noi.
    Io personalmente credo che si possano avere grandissime soddisfazioni da un “lavoro” in secondlife (Arte Libera, che ormai ha alle spalle 5 anni di attività, mi ha fatto crescere moltissimo anche nel mio lavoro reale), ma chi mi conosce bene (te compreso) sa come la penso… “Lavoro” è qualche cosa da cui ottieni una remunerazione e questo necessariamente ti spinge a delle scelte obbligate. Se avessi una galleria reale che mi mantenesse, io non sarei completamente libera di scegliere chi fare esporre, con quale galleria accettare collaborazioni, ecc. Nel valutare queste possibilità, oltre ai rapporti personali con le persone e oltre al gusto personale, dovrei fare i conti con le convenienze e le opportunità… Quante volte nel lavoro reale dobbiamo collaborare con persone con cui non abbiamo un ottimo feeling… E’ la vita e bisogna saper fare di necessità virtù.
    Secondlife è invece il nostro spazio libero. E’ tempo libero e io nel tempo libero non ho obblighi, cerco solo di stare bene. Quindi per me anche il “lavoro” diventa uno spazio in cui mettermi in gioco personalmente, senza scendere a compromessi. E’ questo il bello e a questo davvero non rinuncerei mai!!

  4. Kebra ha detto:

    L’ argomento è molto interessante.
    In effetti Second Life potrebbe essere un luogo in cui far confluire le diverse esperienze lavorative degli utenti in una possibile rete di scambi produttivi.
    Io però rappresento quella parte degli utenti ( sicuramente minima è infinitesimale ) che ritengono che l’ uomo non finisce nel lavoro.
    E’ che per quanto il lavoro possa nobilitare e rendere liberi .. c’è dell’ altro.
    Ci sono altre modalità, altre realtà o luoghi dell’ essere (se stesso) che nella vita non possiamo esprimere.
    Un artigianato dell’ essere più che del fare.
    Second Life è un grande laboratorio esistenziale, secondo me, dove non conta tanto quello che fai ma quello che vorresti fare.
    Io non capirò mai quei costruttori (detti builder) che si ostinano ad usare i parametri della realtà, archi, architravi… pilastri, scale. Come se proprio non si riuscisse ad immaginare una cosa diversa da quella che viviamo tutti i giorni nel piano fisico.
    Quindi certo il lavoro si, ma un lavoro che non può esistere, architettura si .. ma un’ architettura che non può esistere.
    Ogni strumento ha le sue peculiarità ed è su quelle che bisognerebbe costruire l’ esperienza.
    I mattoni del metaverso sono secondo me i sogni.

    Se si potesse lavorare con la materia dei sogni,… perchè no.

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