Moda virtuale: c’è business? II parte

Continua la ricerca nel campo della moda, se non della “verità assoluta”, di un barlume di speranza per chi vorrebbe trarre un ragno dal buco dagli affari di Second life.
Nella prima parte dell’inchiesta, abbiamo sentito quattro stiliste (Dadina Dosei di DD style, Viola Jolles di Lhuminal, Anubis Hartunian di Anubis style e Katiuscia Vollmar di Red Passion), tutte italiane.. Eh si, continuano a non rispondermi per nulla le straniere.

Questo mese a raccontare la loro esperienza sono altri due grandi marchi, Ginevra Lancaster dell’omonimo marchio e Barbarella Cioc della B! Fashion.

Appare comunque evidente, per lo meno fino ad ora, che non sia possibile guadagnare con Second Life nel campo della moda, a meno che non si decida di fare un investimento iniziale consistente o a meno che non siano le grandi agenzie reali a buttarsi in questo campo, utilizzando SL come un vero e proprio lavoro.

 

Ginevra Lancaster

Ginevra Lancaster

Ginevra Lancaster presenta un’analisi di marketing e ci racconta: «Allora, nella mia esperienza, guadagno abbastanza da ripagarmi le spese di marketing e promozione, l’account premium  e tutti gli sfizi che mi va di togliermi in sl… ma finisce lì, e non ci vivo certo!
Ho conosciuto persone che sostengono che questo sia invece possibile se fai del mestiere di stilista SL il tuo primo lavoro – cosa che non è il mio caso. Mi hanno detto che dedicandoci 8-10 ore al giorno  (da suddiversi fra la creazione vera e propria e poi le tante attivita’ di PR, marketing, promozione) puoi riuscire a portare a casa   fra i 1000 e i 2000 euro… insomma di che pagarci l’affitto di casa… anche se non si diventa certo ricchi!
Ma questi ragionamenti non mi convincono. Perché il problema di fondo è che, per quanto uno stilista venda, i prezzi di vendita delle sue creazioni sono pochi euro. Diciamo per semplicità di calcolo che ogni vendita corrisponda a 2 euro, questo vuol dire che ogni mese per guadagnare  2000 euro  deve fare 1000 vendite. Ammettendo, sempre per semplicità di calcolo, che ogni vendita sia fatta ad un persona diversa e che il tasso di conversione sia 1/10 ( sono ottimista), per fare 1000 vendite dovrà aver portato davanti ai suoi vendor 10.000 persone. E sempre mantenendo lo stesso tasso di conversione 1/10, per portarne 10.000 davanti ai suoi vendor dovrà averne contattate 100.000…. mi sembra che i numeri non stiano in piedi!
Insomma, credo che il business non ci sia. C’è il gioco, che è la cosa bella. E anche guadagnare di che andare a pari con i tuoi investimenti fa parte del gioco. Niente di ripagherà invece delle ore dedicate, che però  sono – appunto – il gioco».

 

Barbarella Cioc

Barbarella Cioc

Sulla stessa linea l’idea e l’esperienza di Barbarella Cioc: «Dipende dai casi… Conosco diversi designers, sopratutto stranieri, che riescono a guadagnare con SL delle cifre che sono paragonabili  a guadagni lavorativi RL, ed in alcuni casi, anche cifre che in RL si riescono a guadagnare solo con lavori un certo livello.

Va anche detto che però sono in pochi, in percentuale, a riuscire a raggiungere queste cifre.
Personalmente ho sempre vissuto SL come uno svago, e la mia attività nel campo della moda è nata perchè ho subito trovato divertente e stimolante creare contenuti in SL, in particolare creare vestiti.
Sinceramente non ho mai avuto la pretesa di essere una stilista, io mi diverto a creare quello che mi viene in mente, ed ovviamente mi diverto a venderlo, perchè è molto gratificante sapere che qualcuno ha apprezzato quello che hai creato.
Il campo della moda in SL, però, è molto competitivo, quindi, per ottenere sempre maggiore gratificazione, mi sono anche divertita a “giocare” con un po’ di marketing e di strategia, e devo dire che, pian piano, sono riuscita ad ottenere anche dei discreti risultati economici.
Però, continuando a vedere SL come uno svago, non mi sono mai preoccupata del guadagno reale, ma ho spesso utilizzato i proventi della mia attività per raggiungere e mantenere altri obiettivi nella mia SL.
Forse, ad un certo punto della mia attività, se avessi fatto delle scelte diverse da quelle del “gioco”, e mi fossi impegnata come in un lavoro vero, avrei potuto ottenere dei discreti guadagni reali.
Non so però quanto questi guadagni sarebbero potuti durare, perchè ultimamente mi sembra che in SL molte cose stiano cambiando, e personalmente sono abbastanza pessimista sul futuro.
Infine, personalmente, sconsiglierei chiunque di lasciare un lavoro RL per far diventare SL la propria fonte di reddito, perchè non bisogna dimenticare che SL è una piattaforma di un’azienda privata, che non offre nessun tipo di garanzia, e che un bel giorno potrebbe decidere di vendere, o chiudere, o qualsiasi altra cosa… ».

La linea è quindi la stessa: se si considera SL un gioco o comunque uno svago, si può arrivare a coprire le spese e ad avere abbastanza linden per divertirsi e spendere, ma per guadagnarci davvero, dovrebbe essere considerato un vero e proprio lavoro.

Sul futuro economico della Liden, i nostri “capi” ci portano a conoscenza dell’economia di SL con un articolo del 28 ottobre scorso, dove si legge che “L’economia di Second life continua ad essere costante”, che la media di login mensile è scesa del 2,1% ma che è salita quella annuale del 5,3%.

C’è quindi crisi? O c’è crisi solo per alcuni?

Nel frattempo, un altro gruppo di italiani, sia nel campo della moda, ma anche di altri bussines, ha deciso di incontrarsi per scambiare le proprie esperienze, parlare della crisi economica di SL,  del nuovo Marketplace e di come sembra che la Linden Labs stia puntando al web piuttosto che al mondo virtuale vero e proprio.
Prossimamente ulteriori informazioni sul dibattito.

3 thoughts on “Moda virtuale: c’è business? II parte

  1. alessia ha detto:

    salve cerco da multo tempo a scaricare un sito che mi premete con la mia foto a farmi un vestito da sposa di provare vestiti per vedere quali siano adatti perché no mi piace andare fare prova in negozi si possono trovare virtual questi tipi che volevo io a fare grazie

  2. ha detto:

    “To be unique above all else” credo che sia tutto qui. Non ci piace essere uguali, indossare gli stessi vestiti, vogliamo essere unici, sentirci speciali.

    Bell’intervista Aquila 🙂

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.