Il nome dell’ Avatar

by AquilaDellaNotte Kondor

 

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Andando in giro per il Metaverso, capita di incontrare ogni genere di individui, rappresentati ovviamente dai propri “Avatar”. Riflettiamo per un attimo su quale impatto emotivo proviamo nell’identificare una persona mai vista prima dal proprio Avatar. L’aspetto “fisico” ovviamente, ma, prima ancora, e in maniera più emblematica, il nome di quell’Avatar. L’aspetto fisico, l’apparenza, è importante, per tutta una serie di motivi, che è superfluo andare a ricordare ora, ma l’identità dell’Avatar, la sua caratteristica principale, il suo “marchio sociale” è rappresentato dal nome che quella persona ha scelto di dare al proprio Avatar. Prima di fare delle considerazioni sulle tipologie di nomi, dobbiamo rilevare che la situazione attuale, purtroppo, è molto peggiorata nell’utilizzo dei nomi di Avatar, rispetto al priodo iniziale di Second Life. Questo per due motivi: il primo dovuto a una precisa scelta da parte della Linden Lab, in secondo luogo, per il costume sociale di darsi i nomi più improbabili, visto che è possibile scegliere ora un nome qualsiasi, variando la propria denominazione nel profilo, e quindi il proprio “nome” pubblico. La scelta della Linden Lab a cui facevo riferimento, oltre a quella appena detta di poter modificare il nome nel profilo, è stata quella di denominare “Resident” tutti i nuovi iscritti a Second Life, a partire dagli ultimi anni. Fortunatamente, ai vecchi iscritti è stato consentito di mantenere il nome scelto all’atto dell’iscrizione, e questo non per un atto di riguardo nei loro confronti, ma solo per evitare molteplici “rename” nei vari database della Linden, il che avrebbe comportato dispendio di tempo e un notevole lavoro, oltre che impatti nella gestione amministrativa degli utenti. Credo che la scelta di chiamare tutti “Resident” sia dettata da motivi tecnici, poiché risulta in tal modo più semplice la gestione di una sola variabile piuttosto che di due, nell’archiviazione e nell’indicizzazione di tali informazioni. Scelta a mio parere miope, dal punto di vista del marketing “sociale”, all’interno del Metaverso. Ma questa miopia nel Marketing non mi stupisce più ormai. Troppi sono stati gli errori commessi, a mio parere, dalla Linden Lab negli anni passati, errori di prospettiva strategica (a cui si sta lentamente ponendo rimedio, sotto la gestione di Ebbe Altberg) e una serie di errori nella gestione delle communities (voglio ricordare anche, tra gli altri, il tema ancora caldo dei diritti intellettuali sulle opere create in world).

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Ma torniamo all’aspetto “sociale” nella scelta del nome. Il nome dell’ Avatar rappresenta, in maniera evidente, il nostro identificativo all’interno del Metaverso. Chiamarci “Cesare”, o “Alessandro”, piuttosto che “Pincopallo”, non è la stessa cosa dal punto di vista dell’effetto emotivo. Indica un certo tipo di scelta, una indicazione di pensiero, una certa preferenza. La volontà di farsi conoscere e identificare, nella società virtuale, con quel nome. E’ intuibile la differenza, nell’ambito di una comunità, tra il salutare un tizio, o una tizia, con un “Ciao xxxvattelapescaxxx!” oppure “Ciao Cesare!”. Che tipo di identificazione possiamo associare ad un “xxxvattelapescaxxx”? Possiamo presumere, quindi, che quella persona non si identifichi affatto con quel nome (a meno che non ci si trovi di fronte a una persona con seri problemi di identità personale), quanto piuttosto non dia alcuna importanza a un tale nome, vivendo la propria permanenza nel Metaverso come un semplice “gioco”, e non come un modo per partecipare, e contribuire, alla crescita sociale e all’evoluzione di questo mondo.

In un gioco, ovviamente, tutto è legittimo: ci si chiami “Pincopallo”, si abbiano dozzine di Avatar e di “vite” diverse, si interpreti un personaggio maschile, femminile, o animale, non ha alcuna importanza, sempre di gioco si tratta, come tanti altri giochi che conosciamo, dentro e fuori la Rete. Quindi, per tale categoria di Avatar, non c’è alcun ragionamento sociale da considerare, si tratta di giocatori, di Role Players. Mostri, Draghi, Assassini, Vampiri, e chi più ne ha più ne metta. Niente che coinvolga socialmente più di tanto, solo un gioco. Interessante è invece guardare alle scelte fatte da chi nel Metaverso ci vive, e alla cui evoluzione sociale contribuisce.

Anche qui la fantasia galoppa, ovviamente, e le scelte sono le più diverse. Ma per questa categoria di individui, la scelta del nome è un atto consapevole, meditato. Si tratta di gente che vive nel Metaverso quasi quotidianamente, e che magari ha un’attività artistica o commerciale, e interagisce in maniera fattiva e permanente con il resto della popolazione. Per tali personaggi il nome rappresenta un “Brand”, un proprio marchio di fabbrica. E’ il modo in cui si vuole essere riconosciuti, magari ponendo un logo sulle proprie opere e manufatti, firmando le proprie foto o gli articoli su un blog, in modo che siano riconoscibili, e riconducibili alla sua persona come una produzione originale, con un proprio “copyright”. L’importanza di farsi conoscere, di farsi identificare da un “Brand”, è facilmente intuibile, man mano che la notorietà, e l’ impatto di quell’Avatar nel Metaverso, cresce negli anni.

In conclusione, abbiamo suddiviso le scelte fatte dagli Avatar, sul proprio nome, in due grandi categorie: quella per cui il nome scelto ha un’importanza rilevante, e quella per cui invece il nome rappresenta solo una etichetta qualsiasi, un flag, all’interno di un gioco come tanti altri. Nessun giudizio di merito, ovviamente, ognuno vive la propria identità virtuale come gli pare, ma consentiteci almeno di “riconoscere”, anche dal nome, l’approccio, e lo stile, di quelli con cui abbiamo la ventura di imbatterci nei meandri del Nuovo Mondo.

4 thoughts on “Il nome dell’ Avatar

  1. AquilaDellaNotte Kondor ha detto:

    Probabilmente le immagini che ho inserito hanno tratto in inganno, rispetto alle considerazioni fatte nell’articolo. Gli avatar somiglianti non c’entrano nulla. La discussione verteva sui nomi dati all’Avatar!

  2. Eva ha detto:

    Caro Aquila, mi pare che continui a prediligere quella particolare forma di esercizio che consiste nel creare avatar “somiglianti”; cosa che continuo a trovare bizzarra perché oltre il già notevole esercizio di fantasia necessario nei casi in questione, anche se fosse possibile portare nel metaverso una specie di riduzione in scala degli utenti, l’effetto sarebbe quantomeno alienante: cosa ci fa la mia riproduzione real in un mondo tutt’altro che reale come quello virtuale? Insomma, è evidente che la realtà virtuale non può che essere animata da personaggi nel vero senso della parola, ed essi, i personaggi, sottostanno alle regole già note fin dai tempi delle recite. Insomma, noi non c’inventiamo niente, in proposito; le incertezze erano date solo dalla novità ma, poi, le cose hanno preso il loro ordine naturale. Ciò non toglie che vi sia chi afferma, o ha la pretesa di affermare che il personaggio in questione è “se stesso/a”. Bontà sua… da questo punto di vista siamo ancora un mondo libero e ciascuno, in quest’ambito, fa quello che vuole.

  3. ha detto:

    A volte, però, il nome non corrisponde affatto a quello che sei diventato nel tempo, una volta entrato nel mondo e preso la strada che preferisci! Quindi a volte ti trovi ad avere a che fare con persone serissime con nomi imbarazzanti, o al contrario con giocatori “fessi” con nomi serissimi! E’ un peccato che non si possa cambiare il nome in tempi successivi alla prima iscrizione.

  4. Ruvida Resident ha detto:

    Discorso interessante, ma avrei un paio di osservazioni. Le due foto che inserisci rappresentano due umani che in teoria tentano di farsi avatar “realistici”. Operazione verità? Manco per niente, visto che lo skipper, se noti, in SL si toglie almeno 20 anni e le ragazza almeno 15 chili. Quanto all’aspetto della “crescita sociale” (?), direi che le community di role players (che tu sembri bollare sommariamente) sotto questo aspetto hanno tanto da insegnare in termini di regole, autodisciplina e soprattutto ricerca letteraria (ci sono role play ambientati negli anni 20 che varrebbe la pena di osservare, anche se gli avatar in quel contesto si chiamano “Black Dhalia” o simili). Il concetto di “gioco di ruolo”, con tutte le sue simbologie, ha una valenza didattica e sociale ben superiore alla vane ciance degli avatar “realistici” confinati in land del tutto prive di senso artistico, il cui unico contributo alla causa è tentare di costruire, se va bene, delle agenzie matrimoniali in stile e-meetic. Un saluto da un avatar dal nome strampalato.

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