Fare video, tutorial o machinima con prodotti semplici e gratuiti…

Molti fanno video nei mondi virtuali (anche chiamati “machinima”), usando dei prodotti a pagamento, ad esempio Camtasia che costa diverse centinaia di Euro. E’ però possibile fare video con prodotti totalmente gratuiti, e in queste poche righe vi presento per chi non lo conosce questo interessante programma opensource che si chiama “camstudio” per windows e che trovate a questo indirizzo http://camstudio.org/ quando scaricate fate attenzione a scaricare il link Download CamStudio – Desktop Screen Recorder e non il bottone verde soprastante che tende purtroppo ad installarvi cose non volute.

Quando l’avete installato dovete fondamentalmente impostare 3 cose: la regione di registrazione (una porzione del video, una finestra o tutto il video), le opzioni suono e le opzioni video.

Nelle opzioni suono dovete fare attenzione a specificare di utilizzare il vostro microfono (ci sono due cose da impostare: rec da microfono E impostate il vostro device effettivo non fidatevi dell’automatismo), o in alternativa potete registrare ciò che si sente dalle vostre casse (non tutte e due insieme come fa camtasia, ma per il 90% dei vostri filmati dovrebbe andare bene). Ci sono dei trucchi che consentono di mettere in collegamento il vostro microfono con ciò che ascoltate (http://grabilla.com/03c1c-e09d5dc2-1112-498f-8fe7-59998605a6ad.png).

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SecondLife e gli abiti mesh: cosa manca per indossarle: finanziamo un progetto di Qarl ex-linden su IndieGoGo

Le mesh sono arrivate, ma a quanto pare non è facile “vestirle”. Come purtroppo sanno i venditori di abiti (e i loro acquirenti), i vestiti mesh, oltre a necessitare di un viewer apposito (vedi i miei articoli sulle meshhttp://virtualworldsmagazine.wordpress.com/tag/mesh/), hanno svariati problemi di vestibilità. Il principale problema è che i vestiti entrano in conflitto con la vostra shape per cui se non vi rendete invisibili, frammenti e porzioni delle vostre terga, dei polpacci o del seno (per le donne) possono sforare ed essere visibili con vostra profonda vergogna

Per ovviare a questi problemi i venditori sono obbligati a fare molte misure degli abiti (un po’ come succede in RL), creando le Taglie, e visto che comunque non si adatterebbero comunque, vi chiedono di indossare degli “alpha” layer che nascondono la vostra shape. Questo ha come controindicazione che viene a perdersi quel sentimento di originalità che ci eravamo faticosamente costruiti potendo modificare a piacimento le nostre fattezze.

In pratica per il popolo “vanitoso” di SL, comprare i nuovi vestiti significa rinunciare alla propria identità, mentre per i venditori significare moltiplicare per N la quantità di abiti che devono mettere in vendita producendo un ingolfamento dei magazzini virtuali e del MarketPlace. Per leggere articoli dove viene spiegato bene come indossare gli abiti Meshed in SL: http://searchenginewatch.com/article/2111822/Mesh-the-Tyranny-of-Size-How-Mesh-Might-Change-Second-Life-Culture, oppure qui: http://rowanderryth.wordpress.com/2011/08/30/do-you-mesh/.

I venditori e i consumatori si sono organizzati e hanno cominciato a richiedere alla Linden una correzione di rotta inserita in questo JIRA: https://jira.secondlife.com/browse/SH-2374, a cui se siete interessati, vi prego di votare e di mettere il “watch”. Purtroppo la Linden ha deciso qualche giorno fa di sospendere a tempo indeterminato anche la decisione di se e quando risolvere questo problema perchè (forse giustamente) prima vorrebbe risolvere tutti gli altri problemi associati alle mesh.

La richiesta verteva nel chiedere di avere degli abiti che si adattassero parametricamente  esattamente alla propria shape evitando imbarazzanti fuoruscite. Tecnica non solo possibile, ma realizzata da concorrenti come BlueMars. Nel JIRA si legge infatti:

Questo problema è identico ai problemi che erano stati incontrati nelle prime versioni di BlueMars, e furono risolti efficacemente con l’introduzione di un sistema di deformatori sovrapposti. L’introduzione di quel sistema ha eliminato i problemi di dimensione/taglia ed ha persino eliminato il bisogno del “rigging”, aprendo pertanto la piattaforma  a una vasta varietà di oggetti che potevano essere utilizzati senza limitazioni di taglia e delle shape degli avatar

Data l’esitazione di Linden Lab di risolvere il problema (nonostanche che nelle ultime office hours abbiano detto che stanno prendendo seriamente in carico il problema, ma senza offrire nessun elemento concreto), la community si sta rivolgendo verso un ex-impiegato Linden che ha promesso di poter fare un viewer in grado di offrire questa deformazione parametrica (viewer che sarebbe a quel punto integrato dai maggiori viewer alternativi come Firestorm), oppure anche regalare questo software alla Linden.

Per trovare un’analisi di questo problema vedete anche qui: http://slashestoashes.wordpress.com/2011/10/08/can-we-mesh-better-in-second-life/

Il progetto di finanziamento lo trovate qui: http://www.indiegogo.com/Mesh-Clothing-Parametric-Deformer-Project. Io personalmente ho già collaborato con vari versamenti (piccoli ma apprezzati). Il goal di questo progetto è di raggiungere i 5400 $ e attualmente sono già circa al 60% e rimangono ancora circa 2 mesi. Prima vengono raccolti i fondi e prima questa funzionalità potrà essere implementata.

PS: Per chi non lo sapesse Qarl è stato un grande programmatore Linden che ha lavorato al film Matrix e ha collaborato ampiamente per il progetto Mesh in SL ma era stato licenziato un anno fa: http://nwn.blogs.com/nwn/2010/08/requiem-for-qarl-linden.html. Dopo la sua uscita aveva fornito un fondamentale tool di allineamento prim ora disponibile in quasi tutti i viewer alternativi: http://www.qarl.com/qLab/?p=66

Visto che SecondLife non riesce a fare da sola, occorre darle un aiutino 🙂

Salahzar Stenvaag

“Sorgenti Aperti” e “Copie Consentite” (OpenSource/CopyLeft), proviamo a capirci qualcosa di più…

 

Le galassie OpenSource

OpenSource

Praticamente ogni giorno siamo in contatto con questi termini eppure se chiedessimo ad una persona media cosa sia l’OpenSource probabilmente risponderebbe qualcosa del tipo “sono cose gratuite” che si possono usare liberamente. E se chiedessimo cosa sia il “copyleft” probabilmente troveremmo la persona con gli occhi vacui pensando che gli stiamo chiedendo qualcosa di profondamente differente e da super-tecnici.

Eppure le parole “opensource” e “copyleft” sono interessantemente collegate. Se guardiamo su wikipedia troviamo in sintesi la seguente definizione per “open source”

Tratto da http://it.wikipedia.org/wiki/Open_source

In informaticaopen source (termine inglese che significa sorgente aperto) indica un software i cui autori (più precisamente i detentori dei diritti) ne permettono, anzi ne favoriscono il libero studio e l’apporto di modifiche da parte di altri programmatori indipendenti. Questo è realizzato mediante l’applicazione di apposite licenze d’uso.
La collaborazione di più parti (in genere libera e spontanea) permette al prodotto finale di raggiungere una complessità maggiore di quanto potrebbe ottenere un singolo gruppo di lavoro. L’open source ha tratto grande beneficio da Internet, perché esso permette a programmatori geograficamente distanti di coordinarsi e lavorare allo stesso progetto.

Come si vede il punto cardine dei concetti opensource è rappresentato dalla “licenza d’uso” e di queste licenze ne esistono veramente centinaia (per non dire migliaia) di incarnazioni. Ognuna di queste ha le sue caratteristiche specifiche che la possono rendere più o meno aderente ai concetti originari.

Le Licenze

Le licenze si suddividono grosso modo in:

  • Licenze d’uso “pure” che rispettano in modo profondo il livello di rifiuto di ogni forma di chiusura e di sfruttamento individuale o aziendale, ed è il caso delle licenze tipo GPL che vietano di fatto la commercializzazione e lo sfruttamento brutale, impedendo alle aziende di produrre software a pagamento che “contengano” codice GPL. Queste licenze vengono dette “virali” perchè nel momento in cui si decide di usarle come componenti del proprio software quest’ultimo deve essere ridistribuito nello stesso modo in cui sono distribuiti i componenti iniziali, anche se la componente GPL è soltanto una piccola parte.
  • Licenze d’uso “liberali” che consentono alle aziende di poter costruire del software che usi questi moduli, senza dover distribuire i loro prodotti finali con la stessa licenza e pertanto consentendo l’uso “commerciale” e a pagamento. E’ l’esempio tipico la licenza Apache o BSD. Si noti che con queste licenze anche se il prodotto finale è chiuso è normalmente obbligatorio dichiarare i componenti open utilizzati e spesso gli utenti finali sono obbligati comunque a scaricarsi i componenti a parte (cosa che a volte complica la modalità di utilizzo del software opensource da parte degli utenti finali).
  • Licenze d’uso totalmente “free” che consentono ogni uso senza particolari limitazioni. Non ce ne sono molte di queste licenze, ma è da qui che forse è nato l’equivoco: la gente pensa che una licenza opensource sia automaticamente di questo tipo, cosa che come abbiamo visto non è vero.
  • Licenze d’uso opensource “aziendali” provenienti da specifiche società come Oracle (vedi Java), IBM (vedi Eclipse) e la stessa Linden Lab che distribuisce in modalità “opensource” GPL il suo viewer, ma che si riserva il diritto di fare lucro e di distribuire viewer ed altre sue produzioni in altre modalità.
  • Licenze Creative Commons, che sono state concepite principalmente per proteggere e/o divulgare il diritto di autore su canzoni, testi e creazioni artistiche. Da non confondersi con le tipologie precedenti, che sono nate in particolare per gestire il software, ma che ha alcune affinità con le licenze d’uso pure.

Il CopyLeft

Va da sè che quando si usa il termine opensource gli idealisti tendono in realtà a pensare all’OpenSource “puro” quello GPL, quello che aiuta in modo disinteressato l’umanità. E questo OpenSource puro si accompagna tranquillamente con il concetto di “copyleft”, cioè la possibilità di “consentire le copie” invece che il copyright che invece cerca di proteggersi dalle copie.

Per copyleft abbiamo, da http://it.wikipedia.org/wiki/Copyleft

L’espressione inglese copyleft è un gioco di parole sul termine copyright nel quale la parola “right” significa “diritto” (in senso legale), ma giocando sul suo secondo significato (ovvero “destra”) viene scambiata con “left” (sinistra). Copyleft Individua un modello di gestione dei diritti d’autore basato su un sistema di licenze attraverso le quali l’autore (in quanto detentore originario dei diritti sull’opera) indica ai fruitori dell’opera che essa può essere utilizzata, diffusa e spesso anche modificata liberamente, pur nel rispetto di alcune condizioni essenziali. Nella versione pura e originaria del copyleft (cioè quella riferita all’ambito informatico) la condizione principale obbliga i fruitori dell’opera, nel caso vogliano distribuire l’opera modificata, a farlo sotto lo stesso regime giuridico (e generalmente sotto la stessa licenza). In questo modo, il regime di copyleft e tutto l’insieme di libertà da esso derivanti sono sempre garantiti.

Dal punto di vista etimologico pare che il termine copyleft sia nato nel 1976 a seguito della diffusione del sorgente assembler di un interprete basic “Tiny Basic”.

Le prime nove righe del codice sorgente di Tiny BASIC per il processore Intel 8080 scritto da Li-Chen Wang, professore all'università di Palo Alto (1976).

L’OpenSource di questo tipo parla in particolare di “Libertà” invece che di “Divieti”, in particolare si sottolineano le seguenti 4 libertà:

  1. Libertà di eseguire il programma per qualsiasi scopo.
  2. Libertà di studiare il programma e modificarlo.
  3. Libertà di ridistribuire copie del programma in modo da aiutare il prossimo.
  4. Libertà di migliorare il programma e di distribuirne pubblicamente i miglioramenti, in modo tale che tutta la comunità ne tragga beneficio.

Le “libertà” che disturbano sono invece (schiavitù :():

  1. “Libertà” di chiudere il software e/o le proprie modifiche e di nasconderlo al pubblico
  2. Impedire che altri distribuiscano o rendano pubblici le tecniche e i modi di usarlo
  3. Cercare di rendere l’uso dei moduli talmente complesso o oscuro da rendere indispensabile una guida per risolvere i problemi
  4. Cercare di vendere a caro prezzo informazioni che sono già di dominio pubblico

NB: Non è disturbante e NEMMENO PROIBITO da molte licenze OpenSource inclusa la licenza GPL la “vendita” di oggetti o programmi aperti. Tuttavia in caso di vendita occorre comunque far sapere che il contenuto è liberamente accessibile e liberamente distribuibile. Cioè in pratica occorre LASCIARE agli altri la STESSA libertà che è stata lasciata a noi.

Il Progetto Vulcano OpenSource

Questo articolo vuole essere solo una introduzione a questo enorme universo che è la galassia OpenSource/CopyLeft e per capire quanto sia complicato e del perchè sia opportuno circoscrivere QUALE opensource si vuole. Si pensa di fare un incontro a Vulcano nelle prossime settimane per studiare ed organizzare il progetto OpenSource http://openvulcano.wikispaces.com/VulcanoOpenSource

Mentre ovviamente i concetti OpenSource sono facilmente applicabili agli script LSL che sono dei programmi, probabilmente l’estensione OpenSource/CopyLeft anche ad artefatti 3D e opere di ingegno potrebbe risultare più complicata e meritare sicuramente almeno un secondo articolo.

Chi fosse interessato al progetto che tra le altre cose prevede anche la costruzione di un “Museo degli Script” mi contatti in SL o via email salahzar@gmail.com

Salahzar