La giornata contro la violenza sulle donne

Non penserete che io scriva questo post per ripetere le solite cose trite e ritrite, vero? Alla fine questa giornata è diventata una ricorrenza come tante, in cui si fanno discorsi, articoli di giornale, e la solita sequenza di condanne alla violenza ripetuta da politici e autorità. Stop, il resto dell’anno ci si dimentica di tutto questo.

Ogni volta che mi pongo domande su questo fenomeno aberrante della nostra società mi rendo sempre più conto della complessità del problema. Ma una cosa è certa, almeno per me, non so per voi: quelli che esercitano la violenza fisica contro le donne sono una esigua minoranza, per fortuna, ma se guardiamo alla violenza diffusa, alle forme di ricatto, alle mortificazioni, esercitate contro le donne, allora il fenomeno si rivela in tutta la sua gravità, e pervade l’intera nostra civiltà.

E’ un problema complesso, che riguarda tanti aspetti della vita civile, dicevo. Ci sono, intanto, due questioni preliminari, su cui non ci sono altre considerazioni da fare, tanto sono scontate. La prima riguarda l’educazione dei nostri ragazzi, responsabilità delle famiglie, certo, ma anche della scuola, dello stato. Ci sono argomenti che vanno trattati fin da piccoli, perchè la violenza non è innata in una società come la nostra, la si accumula durante tutta la nostra vita, con le nostre frustrazioni, il nostro individualismo, man mano che cresciamo. La seconda è la repressione di quelle frange di violenti che arrivano alla violenza fisica, e a volte al femminicidio. Credo che si stia ragionando sul rendere le pene più certe e non aggirabili, e fondamentale è il ruolo dei centri antiviolenza e dell’assistenza alle donne in situazioni di pericolo.

In mezzo a queste due questioni, c’è il mare magnum del funzionamento della nostra società, e dell’ancora considerevole disparità di trattamento tra uomini e donne, sia nel lavoro, che nelle istituzioni, che nella società. Qui dei passi avanti si stanno gradualmente compiendo, ma con troppa lentezza, se consideriamo ad esempio che la nostra Presidente del Consiglio era l’unica donna a sedere al summit del G20 a Bali una decina di giorni fa.

E poi dobbiamo anche porci anche dei problemi a livello personale, non solo verso la società, sui nostri comportamenti, verso le nostre compagne e verso i nostri figli, su quello che facciamo ogni giorno all’interno delle nostre famiglie. Perchè il clima familiare è fondamentale, per trasmettere valori ai ragazzi e alle ragazze. Insegnare la comprensione la tolleranza e, elemento fondamentale, il valore dell’indipendenza economica attraverso il proprio lavoro. Il lavoro come fondamento della dignità della persona, e della sua indipendenza, la necessità di non dover dipendere da nessuno. Perchè molti sono i casi di donne che non rompono un rapporto di sopraffazione per una dipendenza economica che non si riesce a superare. Qui fondamentale è il ruolo dei centri di assistenza e di formazione, per aiutare la donna a trovare una strada. Senza lavoro non c’è indipendenza, e, purtroppo, ancora esiste una notevole differenza fra tasso di occupazione maschile e femminile. Ma deve anche essere una rivendicazione personale. Certo, ci sono i bambini da crescere, la scuola, la casa, ecc. Ma questi problemi si devono affrontare, ognuno di noi c’è passato, e se guardiamo alle nostre esperienze personali, ognuno di noi può vantare dei successi, o avere rimpianti, ma questo è il punto, da qui ognuno di noi deve partire a mio parere.

Tanto cammino c’è da fare ancora, e tanti problemi devono essere ancora efficacemente affrontati dallo stato, dalla scuola, dal mondo del lavoro. Ma se non vogliamo tornare ogni anno a recitare ipocrite lamentazioni, o a celebrare una semplice ricorrenza, tocca anche a ognuno di noi fare delle cose concrete. In famiglia, nel mondo del lavoro, nelle istituzioni in cui lavoriamo. Un augurio a tutte le bambine, perchè il loro futuro possa loro riservare meno problemi di quanti ne hanno vissute le loro mamme, e di costruirsi la propria strada nella vita, con le proprie forze.

L’identità dell’avatar

Si parla sempre più di Metaverso, anche se impropriamente, perchè oggi di cosiddetti “Metaversi” ce ne sono tanti, e il problema dell’interoperabilità è ben lontano dall’essere posto, per evidenti motivi di rivalità e di concorrenza tra i vari brand. Il problema dell’interoperabilità è tuttavia ben noto in internet, poichè la “rete delle reti” si basa proprio sull’interconnessione tra i diversi domini, dei diversi provider diverse realtà in giro per il mondo, fino a formare quell’immenso puzzle che è l’attuale internet, utilizzando il protocollo di rete BGP (Border Gateway Protocol) per le connessioni extradomain, tra un provider e l’altro.

Ognuno di noi, quando entra in rete, è identificato dall’indirizzo IP dell’interfaccia di rete della propria macchina. Quando si entra su un ecosistema proprietario poi, come Google, Apple, Amazon, o Facebook, ci si identifica con i propri dati personali, anche se, a volte, con nomi di fantasia associati al proprio account.

Metaverso Controverso - Leadership & Management Magazine

Se parliamo poi di Mondi Virtuali, i “Metaversi” della corrente vulgata, si entra in un ambito più interno alla rete, in cui, oltre allo strato esterno di internet, con tutti i problemi connessi all’identificazione e alla sicurezza, si devono affrontare problemi nuovi che, se volete, riguardano la gestione dell’ordine pubblico di una comunità, per quanto virtuale.

Si apre perciò uno scenario del tutto nuovo: come gestire i diritti e i doveri all’interno dei “Metaversi”, come rispettare i fondamentali principi di libertà e democrazia. Ma questo è un problema che riguarda anche la proprietà degli oggetti creati all’interno dei Mondi Virtuali, e riguarda poi l’identità stessa dell’avatar. Perchè se un individuo, in un contesto sociale, commette dei reati, dovrà essere identificato e dovrà rispondere dei suoi atti. Intendiamoci, è lo stesso problema che si pone nel mondo reale, laddove un ladro o un malvivente commettono dei reati. Qui però esistono le forze dell’ordine direttamente operative, sia per le indagini, che per assicurare alla giustizia i malviventi. Ma in un Mondo Virtuale?

Uno dei territori all’interno di Second Life

E’ bene precisare che uno degli assiomi fondamentali dell’utilizzo della rete è che un reato è sempre un reato, sia esso commesso nel mondo reale, che in quello virtuale di internet, ma allo stesso tempo non possono esistere scorciatoie di sorta, e non è neanche lontanamente pensabile un qualche tipo di identificativo che faccia riconoscere l’avi “a vista”, perchè sarebbe come un marchio da stampigliare sull’avatar per renderlo identificabile, una sorta di codice fiscale o di spid da richiedere a chi entra nei Mondi Virtuali. Una soluzione del tutto impensabile, perchè in rete deve continuare a vigere la libertà di opinione e di espressione, anche col diritto all’anonimato, perchè la rete è uno dei mezzi per esprimere opinioni, e far circolare informazioni, anche al di fuori delle varie cortine di ferro dei diversi paesi autocratici.

D’altro canto, la tutela della proprietà e dei diritti individuali deve essere salvaguardata in ogni caso. Non quindi sarà il caso di creare uffici di polizia giudiziaria per le indagini direttamente nei Metaversi? Strano ma forse necessario? Ci sarebbero pochi vantaggi e molte controindicazioni, non credete?

Sono problemi nuovi e complessi, che vanno oltre i problemi relativi alla semplice libertà di espressione in rete. Occorrerà affrontarli nei modi e nei tempi giusti, rispettando la democrazia e la libertà individuale. Per questo motivo mi piacerebbe un confronto con vari interlocutori, ed ho creato un gruppo in Second Life, a cui ho invitato diversi amici, rappresentativi di esperienze e di attività diverse, e con loro vorrei iniziare un confronto aperto, ognuno con le proprie opinioni, ma mettendo a fattor comune le diverse esperienze e sensibilità. Il gruppo è naturalmente aperto a quanti vogliano contribuire a questa discussione. Vi aggiornerò su queste pagine.

Un saluto.

AquilaDellaNotte Kondor