La nostra esistenza nel Game

La maggior parte di voi conoscono Alessandro Baricco, scrittore, saggista, autore teatrale, critico, conduttore, giornalista. Baricco, laureato in filosofia, è un osservatore attento della realtà di oggi, e ha scritto molte cose interessanti e curato molti spettacoli teatrali. Sicuramente, molti sanno anche che dal suo monologo “Novecento” è stato tratto il meraviglioso film di Tornatore “La leggenda del pianista sull’oceano”. Ebbene, l’ultima opera di Baricco è un libro davvero fuori dagli schemi, “The Game”. Ho assistito personalmente ad una presentazione del libro, da parte dello stesso Baricco, con Federico Rampini, al Maxxi di Roma a marzo di quest’anno, ed ho appena finito di leggere il libro. Mi fa quindi piacere condividere alcune considerazioni e un’idea che potrebbe interessarvi.

Il libro traccia un percorso, dai primi anni ’90 ad oggi, dell’evoluzione della rete, che lui denomina “The Game”, dal punto di vista dei cambiamenti sociali. Baricco non è un tecnico e quindi il suo punto di vista non è questo, lui descrive quello che sta succedendo alla nostra civiltà, in un’epoca di profonde trasformazioni delle modalità di interazione tra gli esseri umani. Dalla cultura della lentezza, dell’approfondimento, dei gesti, alla cultura della velocità, della sintesi, del movimento. Un cambio sostanziale di paradigma, che, partendo dalla ribellione degli hippies della Silicon Valley dopo il ’68, alle caste e agli intermediari culturali, arriva fino alla diffusione pervasiva dei social media e dell’unico esperimento (per ora) politico nato dal Game e diventato realtà, rappresentato dal Movimento 5 Stelle in Italia.

Il concetto base che ha percorso questa storia è stata la disintermediazione, l’accesso diretto alla comunicazione da parte di masse enormi di individui, dall’imbecille al premio Nobel, direbbe Eco. Il libro è gradevolissimo, scritto in maniera semplice e diretta, quasi teatrale direi, e Baricco ci accompagna in questo cammino portandoci a riflessioni profonde, sulla nostra natura umana e sulla nostra capacità di comunicare con gli altri.

Non è affatto una critica al Game, ma un tentativo, riuscitissimo a mio parere, di integrarlo della nostra evoluzione, mettendone in evidenza gli aspetti innovativi, e perfino rivoluzionari.

Io spero che molti di voi vogliano approfittare delle ferie per leggere questo libro, non costa nulla, è piacevole da seguire nel suo svolgimento, non comporta sforzo o concentrazione particolari. E sarebbe bello ritrovarci a settembre a dicuterne insieme in Second Life, in una platea non larga (al massimo una dozzina di persone direi), in modo da confrontare le nostre idee e percezioni del Game, stimolati dal libro di Baricco. Magari ne verrebbe fuori una serata interessante. Naturalmente se ci fossero più di 12-15 temerari, si potrebbero organizzare più serate, ospitati da qualche owner di buona volontà, interessato all’argomento. Se invece ci troveremo in tre, ci si vedrà lo stesso, e mi farà comunque piacere avervi dato uno spunto per leggere il libro. Un saluto.

Il mistero dei cognomi

All’inizio del 2018 la Linden Lab annunciò che stava lavorando sul ripristino dei cognomi in Second Life, una scelta attesa da molti di quegli utenti che hanno il cognome standard Resident. I tempi previsti erano dati per fine 2018, ma, ad oggi, ancora non si vede il termine di questo lavoro.

Non sembri una questione di inefficienza, o di mancanza di urgenza nell’affrontare questo tema, da parte della Linden Lab. La questione è, effettivamente, molto complessa, perchè il concetto di base su cui la piattaforma è stata sviluppata prevedeva la non modificabilità del nome, quindi l’intera architettura del codice, e dei dati, è stata sviluppata in questo modo. Cambiare i nomi è un lavoro molto, ma molto più complesso, di quello che costò centinaia di miliardi alle aziende di tutto il mondo, per cambiare il numero di caratteri rappresentanti l’anno, in tutti i database del mondo, passando da due a quattro caratteri, allo scoccare dell’anno 2000. Certo qui siamo all’interno di un’unica azienda, ma i costi e i tempi sono elevati comunque, e credo che la Linden Lab avesse parecchio sottovalutato il problema.

Potrebbe sembrare scontato usare il nome dell’avatar come chiave nei database, in modo da effettuare semplicemente un cambiamento di chiave in tutte le tabelle del Database SQL, nel momento in cui fosse richiesto (cosa non banale, ma non particolarmente complessa). Purtroppo i programmatori non sempre lavorano in modo “pulito”, e sicuramente all’interno del codice ci saranno molti punti in cui il nome (ritenuto da sempre inamovibile) è stato usato considerandolo come costante. Quindi, oltre alle chiavi dei database, ci saranno innumerevoli porzioni di codice da modificare. Se a questo aggiungiamo il fatto che i vecchi nomi (coi cognomi) ed i nuovi (senza cognome) sono stati classificati e archiviati con le stesse modalità, vi renderete conto della complessità del problema. Un lavoraccio insomma, con tempi e costi spesso non quantificabili con esattezza a priori, ma da monitorare step by step, gestendo anche eventuali extrabudget.

A completamento del quadro, va detto che una modifica di questo genere, che impatta una notevole parte di codice e dei database, va messa in esercizio con estrema attenzione, e con una rigida schedulazione, per evitare malfunzionamenti e recovery in produzione. E in tutto questo, ovviamente, Second Life deve continuare a funzionare senza interruzioni!

In bocca al lupo agli amici della Linden Lab. Lasciamoli lavorare tranquilli, sperando non arrivino a gettare la spugna. Stanno affrontando un’impresa notevole. Un saluto.

Dai Mondi Virtuali a Facebook

Sono passati due anni dall’ultima volta che ho scritto delle connessioni tra il mondo virtuale immersivo di Second Life e il social network per eccellenza, Facebook (https://www.virtualworldsmagazine.com/ribaltiamo-facebook/). Vedevo allora una possibile sinergia tra i due mondi che però non è avvenuta, anzi, per certi aspetti, per gli utenti di Second Life l’uno è diventato il complemento dell’altro, ma allargando sempre di più la sua sfera di influenza, e la sua durata in termini di permanenza. A questo naturalmente, ha contribuito il fatto che abbiamo Facebook sempre aperto, è sempre con noi sullo smartphone, ne vediamo le notifiche, ecc. ecc. Cose che sperimentiamo ogni giorno, passandovi circa sei ore, secondo diverse statistiche (https://www.studiosamo.it/social-media-marketing/global-digital-2019-statistiche-social/ ).

Gli effetti si sono sentiti sulla permanenza nel mondo virtuale, ma, soprattutto, se ne sono sentiti gli effetti in termini di riduzione dell’impegno, della creatività, e dell’inventiva, una volta più diffusamente e per periodi più lunghi coltivata. E’ stato un danno notevole, in termini di sviluppo ed evoluzione di queste piattaforme immersive. Oggi organizzare un meeting, un dibattito, un incontro culturale, in Second Life è diventato quasi impossibile, anche se pochi temerari ci provano, e devo dire con discreto successo, vista la situazione. Anche diversi artisti continuano a mantenere una presenza viva in Second Life, ma i numeri si sono ridotti, e i tempi di consumo di un evento anche. In Second Life vanno oggi per la maggiore i DJ e i gruppi sociali pseudofamiliari, musica e gossip.

Siamo caduti, anche noi, pionieri e spesso esperti della rete, nella trappola dei Social Networks. E questa trappola ci ha condotti all’assuefazione, ad uso e consumo delle società di marketing e di influencers. Sto esagerando? Non credo proprio, e non sono certo originale nel dire queste cose, molti studiosi, medici, psicologi sono intervenuti sul tema.

Prendiamo l’esempio più eclatante, e anche sottovalutato: il like. Questo strumento fu introdotto in FB nel 2009, inventato da un genio delle tecnologie, Justin Rosenstein. Oggi Justin ha lasciato FB da un pezzo, ed è diventato il punto di riferimento di una tendenza in crescita nella Sylicon Valley: il pentitismo dei net-fanatici. Ebbene, pensate a cosa voglia dire per noi mettere un like. Non costa nulla, dà all’amico che ha pubblicato un post il segno della nostra attenzione, ci fa anche contenti perchè abbiamo omaggiato pubblicamente qualcuno. Dietro questo semplice gesto, gratificante per noi e per chi lo riceve, si costruisce la nostra profilazione sulla rete, ad uso e consumo delle società di marketing e di manipolazione dei consensi. Seguendo questi like si riesce a profilarci perfettamente: gusti, desideri, abitudini, relazioni. Questi profili sulla rete sono merce di scambio, vengono venduti e manipolati, usati a fini commerciali, certo, ma anche per scopi politici e di manipolazione delle coscienze.

Io credo che dovremmo cominciare a fare un pò di cura disintossicante, prima che sia troppo tardi. Perchè oggi molte tesi sostengono, perfino, che il livello intellettivo dell’umanità, a causa della superficialità e del mancato approfondimento culturale causato dalla rete, stia portando ad una vera regressione genetica del nostro intelletto, oltre che della nostra cultura e della nostra creatività.

Per i residenti di Second Life, c’è sempre una piattaforma di riferimento, in cui incontrare amici, scambiarsi opinioni, tornare ad alimentare analisi e discussioni sui temi che ci interessano. E’ vero che siamo drogati da FB, ma forse siamo ancora in tempo per non diventarne completamente schiavi, o, se volete, fantocci manipolati da chi sa farlo, e ne ha gli strumenti.

L’isola felice di Second Life

Voi non ci crederete, visto che su Second Life se ne sono dette di cotte e di crude, ed io stesso, su questo magazine, ho più volte criticato la mancanza di sue evoluzioni, di nuovi progetti, di innovazione. Non ci crederete, eppure, nel mondo globale della rete, Second Life è un’isola felice.

La rete infatti, è oggi il mezzo per dare voce a chiunque abbia una connessione internet, e ormai ce l’ha la maggior parte dell’umanità. Pensate che Facebook, da solo, connette quasi due miliardi e mezzo di utenze in tutto il mondo. E oltre Facebook e la sua galassia (Instagram, Wats’up, Messenger, ecc.) ci sono al mondo milioni di siti, di blog, di biblioteche digitali. E poi ci sono gli account Google, con tutti i prodotti e i servizi connessi. E ancora, i mondi di Apple, di Microsoft, di Oracle (non dimentichiamoci che Java, con cui è ormai sviluppato la maggior parte del codice in rete, è proprietà di Oracle), le extranet aziendali, i servizi pubblici, ecc, ecc. In Africa, dove le infrastrutture fisse sono molto carenti, la connessione via cellulare è quella più diffusa, tanto che molte applicazioni di uso civile usano questo canale per raggiungere le comunità più remote. Insomma, l’umanità è connessa, per la prima volta nella storia dell’uomo, quasi completamente.

La connessione, e i social networks hanno dato quindi anche libero sfogo alle espressioni più varie, e, come diceva il compianto Umberto Eco, un imbecille ha, sulla rete, la stessa possibilità di esprimersi di un premio Nobel. Sulla rete quindi si trova oggi di tutto, e i social sono diventati il veicolo principale delle stupidaggini, e delle intolleranze più bieche e incivili. Intendiamoci, non è la rete di per se a costituire un passo indietro nel livello di civiltà nelle interrelazioni umane, è solo il fenomeno di emersione degli istinti più nascosti, che prima trovavano solo canali molto limitati di diffusione (gli amici, la famiglia, il bar, la piazza del paese…).

La rete è diventata terreno di scontro di ignoranze e di rancori, di inciviltà e di aggressività. E’ il canale usato dai manipolatori occulti, per orientare la massa indistinta verso obiettivi precostituiti. Partiti politici e servizi di sicurezza di molti stati usano questo mezzo per influenzare le opinioni pubbliche e le nazioni. I casi eclatanti sono stati la Brexit e l’elezione di Trump, ma anche in Italia gli effetti sono stati devastanti.

Naturalmente, siamo in un periodo di transizione, e molte cose stanno lentamente cambiando, dall’approvazione di regolamenti più stringenti per la protezione dei dati personali (la nostra Europa è all’avanguardia in questo campo, col nuovo GDPR entrato in vigore un anno fa), alla realizzazione di misure fiscali che facciano pagare il dovuto ai giganti del web, alla lotta alle fake news (a proposito, quanti di voi non si erano accorti che la terra è piatta??), ai comitati di verifica delle notizie in rete. In tutto questo, i Mondi Virtuali rappresentano, in un certo senso, un’area più protetta rispetto al far west imperante nella rete. E uno dei motivi è che non è usufruibile appieno dal mobile, e che l’ambiente immersivo ha bisogno di una potenza di calcolo e di schede grafiche di livello medio alto. Occorre poi una certa abilità per utilizzare il mezzo, e una costanza nella frequentazione. Tutte cose che mal si adattano ai tempi rapidi della rete e dei social.

Se poi passiamo da Second Life a Facebook, entriamo nel mare magnum che abbiamo descritto prima. Ma anche su Facebook gli utenti di Second Life si sono ritagliati un loro spazio con gli account avatar, cosa non riconosciuta da Facebook, ma che sembra sia più tollerata ultimamente.

In conclusione, chi va per certi mari… dia per scontato di trovare il meglio, ma anche il peggio dell’umanità. Un saluto.

The circle of life…

La cellula elementare di ogni società, reale o virtuale, è costituita dalla coppia, di due persone che si incontrano e percorrono un tratto di strada insieme, che vede nell’incontro di due individualità la nascita di una complicità, di una condivisione di pensieri e di attività che, dal momento del primo incontro in poi, diventano vissuto comune. Ma nel mondo reale una coppia, se regge alla prova del tempo, costruisce gradualmente un futuro comune: una casa, magari dei figli, un progetto di futuro insieme.

Nel mondo virtuale, per definizione legato all’immediato, tutto questo è molto aleatorio. Cos’è allora che tiene insieme le coppie di lungo periodo nel mondo virtuale? Ci torniamo tra un attimo, prima c’è una constatazione da fare. Ogni rapporto virtuale ha durata breve, è limitato all’interesse del momento, del periodo che si vive, legato a qualcosa. Deriva magari da un progetto di lavoro, o artistico, che si porta avanti insieme, dalla “tribù” di appartenenza, dal luogo in cui si passa il tempo nella rete. Per loro stessa costituzione, tutte queste cose sono limitate nel tempo. Spesso esageratamente limitate: una settimana, un mese, il tempo dell’esperienza comune. Resta da spiegare allora il fenomeno delle coppie che durano a lungo, a volte addirittura anni, come nel mondo reale.

La mia spiegazione è che queste esperienze siano il risultato dell’abitudine, della voglia di crearsi una “confort zone”, che aiuta ad affrontare la difficoltà di adeguarsi ai cambiamenti, alle difficoltà che sono poi tipiche del mondo virtuale. Si mi direte, ma l'”amore”? L’affetto, la voglia di stare insieme, non contano allora? Non esistono? Io credo che questi sentimenti si sviluppino naturalmente anche nel mondo virtuale, ma sono rari, perchè legati alla capacità affrontare, e superare, quei problemi di rapporto che nel Metaverso sono perfino più grandi che nel mondo reale. La fiducia, la stima, il rispetto reciproco, è merce molto rara nei rapporti virtuali, e rari sono quindi, di conseguenza, questi casi di rapporto di coppia di lungo periodo. Tuttavia, è il ciclo di questi incontri, brevi o lunghi che siano, a costituire il motore della società virtuale, il moto circolare che fa girare il Metaverso. Tutto il resto, gli eventi, il lavoro, le attività artistiche, ruotano quasi sempre intorno a questo circolo, al cerchio della vita virtuale, che si sviluppa e cambia in continuazione…